mercoledì 13 agosto 2008

Il raid delle fortezze volanti

Sessantacinque anni fa il primo bombardamento di Terni, centinaia di vittime

Il raid delle fortezze volanti

di LUIGI CORRADI

L'11 AGOSTO 1943, Terni subisce il suo primo, devastante, bombardamento.

Seguiranno, nel territorio del Comune che comprende le località di Papigno, Cesi, Rocca San Zenone, Piediluco, Torre Orsina, Giuncano, prima del giugno 1944, altre 56 incursioni, che danno la misura della tragedia affrontata dalla città e dalla sua popolazione.

I testimoni stanno sparendo, le tante domande che ci eravamo poste all'indomani dell'11 agosto, se gli incursori fossero inglesi o americani, da dove venissero, quanti fossero, perché Terni, perché l'11 agosto quando la guerra sembrava finita, e mentre erano in corso le trattative di resa a Cassibile, rischiavano di rimanere senza risposta. Ma oggi con la divulgazione dei diari di guerra (Combat Chronology of the US Army Air

Forces) delle grandi unita aeree alleate che operavano nei cieli italiani negli anni 1942-1945 qualcosa sta cambiando.

L'11 agosto 1943 la visibilità in quota, sulla conca ternana è perfetta. La prima ondata di bombardieri US-B17, le fortezze volanti, costituita da 12 velivoli, si presenta sulla città a 6000 metri di quota, alle 10,29. Alle

10,33 tutto è finito. La seconda ondata, costituita da 32 B17, arriva alle 12. Lascia il cielo di Terni alle 12,04. Sono sganciate circa 100 tonnellate di bombe da 300 libbre. Con le informazioni oggi disponibili, cade un primo mito, quello del mitragliamento della città dopo il bombardamento, ad opera di apparecchi da caccia scesi a volo radente. In realtà le due formazioni di bombardieri non erano accompagnate da caccia. Gli Spitfires e i P40 in dotazione alla NASAF (Northwest African Strategic Air Force, il gruppo cui appartengono i bombardieri dell'11 agosto) non hanno l'autonomia per il volo di 1600 chilometri fra le basi tunisine e Terni.

Le basi del NASAF nell'agosto del 1943 sono intorno a Tunisi a Oudna, (squadrons 301,302, 414, 99) a Messicault (squadron 2 ) e Port du Fahs (squadrons 434 e 341). Il gruppo è costituito da caccia, Spitfires inglesi e P40, da bombardieri leggeri B25 Mitchell, e, soprattutto, da bombardieri pesanti US-B17, americani, le fortezze volanti. Da qui decollano gli incursori sulla Sicilia, su Napoli, Roma, Viterbo e Terni.

Nell'agosto 1943 a Terni non c'era, ancora, la guerra. Sì, gli aerei alleati sorvolavano la città con allarmante frequenza, le sirene ululavano, di notte si sentiva il rombo sordo di lontane formazioni, ma gli aerei andavano in un'altra direzione. Con la caduta del regime il 25 luglio 1943 e l'imminente uscita del paese dal conflitto la città viveva in un clima di speranza che il peggio fosse stato evitato. Il clima in città era disteso: il trauma del

25 luglio non si era ancora trasformato in risentimento e odio contro il fascismo, come avvenne dopo il bombardamento e dopo il 9 settembre con l'occupazione tedesca. La vita si svolgeva quasi normalmente. Le scuole erano state chiuse il 15 maggio, quando gli Alleati si apprestavano a sbarcare in Sicilia. L'Acciaieria, la Bosco, la fabbrica d'armi lavoravano a ritmo ridotto per le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e di energia elettrica. In realtà era in atto, con i bombardamenti di Roma e Littoria del 19 luglio, di Catanzaro del 6 agosto e di Napoli il 31 luglio, una nuova strategia alleata volta a intensificare l'offensiva aerea per aprire la strada all'invasione terrestre, devastando non più, e non solo, le strutture industriali, ma i nodi stradali e ferroviari. In questa logica, Terni, Roma, Orte , Viterbo, poi Narni, Allerona, Attigliano e Orvieto, sarebbero diventati gli obbiettivi immediati.

L'obbiettivo dell'incursione dell'11 agosto è il “marshalling yard” di Terni”, il nodo di traffico di Terni. L'attacco giunge inatteso. Tutta la zona dalle 8,15 è in allerta, ma il segnale di allarme precede di poco lo sgancio delle bombe. La città è quasi del tutto indifesa. Le perdite più crudeli si hanno fra la popolazione ammassata agli ingressi dei rifugi. La formazione appare all'improvviso sui monti Martani, effettua un solo passaggio sulla città a 6000 metri di quota, nel tempo, brevissimo, di 4 minuti La relazione al ministero del prefetto Antonucci parla di direzione di volo da Nord Ovest verso Sud Est (da Cesi verso le acciaierie, per intendersi).

Altri giurano su una rotta più da nord, con il sorvolo dei monti Martani sulla verticale di Montemaggiore. La prima zona ad essere colpita è la stazione ferroviaria, seguono la Bosco, la Fabbrica d'armi, l’acciaieria.

Sull'altro lato dell'asse di attacco, le prime bombe cadono su porta Sant'Angelo, poi sul centro storico, il quartiere Clay, piazza Valnerina.

Sono distrutti, la Stazione, il Municipio, l'Ospedale, il Palazzo di giustizia, banche, scuole, chiese, estese zone residenziali del centro storico. Meno colpiti, forse perché addossati alle colline di S.Carlo, gli stabilimenti siderurgici, la fabbrica d'armi, le infrastrutture industriali della periferia est.

I morti pietosamente raccolti all'aperto e nei rifugi, subito inumati per ragioni igieniche in fosse comuni, sono 500. I feriti ricoverati 493. 450 corpi verranno disseppelliti dalle macerie nei mesi successivi fin dopo l'ingresso in città degli alleati nel giugno 1944.

I diari di guerra della NASAF descrivono l'attacco con dovizia di particolari. Port du Fahs, Tunisia, 11 agosto, ore 6 a.m. Piloti e navigatori, in tutto 132 persone, sono stati svegliati all'alba. Li aspetta un volo di 800 chilometri, circa 3 ore. La sveglia è alle 4, il decollo, alle 6, l'arrivo sull'obbiettivo è previsto per le 10. Al “briefing”: un ufficiale parla ai piloti avendo alle spalle una grande pianta di Terni: si distinguono via Cesare Battisti, che diviene l'asse di attacco della prima formazione, le acciaierie, la Bosco, la stazione. Piloti e navigatori, tutti ufficiali, sono molto giovani: in media 21 anni. Nell'agosto 1943 molti di loro sono alla prima uscita bellica. Hanno in media non più di 100 ore di volo alle spalle, volate nei campi di addestramento. Provengono da tutti gli stati degli Usa, rappresentano le più varie condizioni sociali.

Sulle perdite subite dagli attaccanti, mancano dati certi.

Malgrado la relazione del prefetto Antonucci parli di due abbattimenti nel cielo di Piediluco, (ma non c'erano postazioni contraeree DICAT nella zona), la NASAF non denuncia perdite nell'incursione su Terni. Il 9° stormo caccia italiano e il bollettino di guerra tedesco non registrano vittorie l'11 agosto 1943.

“Gli stabilimenti sono completamente fermi riferiva il Prefetto Antonucci al Ministero - La città del lavoro è divenuta una città morta. Gli operai come tutti i cittadini, presi da enorme panico hanno abbandonato la città, priva ormai di tutti i servizi essenziali. Manca la luce, l'acqua e la farina. Il pane ci deve essere fornito con la collaborazione dei prefetti di Rieti e di Perugia»


Come rifugio la “forma” Sersimone

"Io c'ero"


di ALVARO VALSENTI



DI ALLARMI ce ne erano stati tanti, specialmente dopo lo sbarco in Sicilia avvenuto il 9 e 10 luglio del 1943. Non si credeva che fosse possibile colpire Terni, si diceva: “non la trovano”, c’è la nebbia, ci sono le montagne. Ma dopo il bombardamento di Roma, avvenuto il 19 luglio, si cominciò ad andare nei rifugi anche di notte.

Noi giovani che lavoravamo alle Officine Bosco, ogni volta che suonava l’allarme andavamo di notte a Colle dell’Oro, e aspettavamo che suonasse il cessato allarme.

Una notte ci fu un fascista che ci volle far entrare per forza nel rifugio di via Piemonte, ma noi volevamo proseguire verso casa per andare a dormire perché il mattino seguente alle 6 dovevamo recarci a lavoro. Cessato l’allarme incontrammo di nuovo il fascista che ci affrontò con prepotenza e parole offensive, la nostra reazione fu violenta. Quando suonavano gli allarmi, nella nostra fabbrica non ci facevano uscire per andare ai rifugi esterni, e ci riparavamo in una trincea costituita da fascine e terra.

L’11 agosto, all’allarme, protestammo ed ottenemmo di uscire; la direzione della Bosco pensava che anche quella volta sarebbe stato un falso allarme; se noi saremmo usciti si sarebbe perso tempo, secondo loro. Ma che prima dopo avrebbero bombardato anche Terni era da prevedere dopo che erano state bombardate Napoli, Taranto, Bari, Roma e tante altre città.

Nella strategia degli alleati i bombardamenti servivano anche a costringere il governo italiano a rompere coi tedeschi ed a firmare l’armistizio.

Il 25 luglio Mussolini era stato arrestato. I bombardamenti servivano a far capire a tutti gli italiani che ormai la guerra voluta dai nazifascisti e dalla monarchia sabauda, era destinata alla sconfitta.

Entro questa dimensione politica e militare, iniziarono i bombardamenti anche su Terni. La mattina dell’11 agosto del 1943, al suono dell’allarme, noi giovani decidemmo di trovare rifugio a Colle dell’oro, pensando, in verità, di andare a di fare il bagno nella forma di Sersimone.

Arrivati presso il cavalcavia della ferrovia di via Piemonte, sentimmo il rumore degli aerei e guardando verso ovest, direzione San Gemini-Narni, vedemmo alcune formazioni di fortezze volanti ad un’altezza di circa 8 mila metri. Gli aerei lasciavano scie di fumo bianco.

Noi ci trovavamo sotto la direzione precisa del percorso degli aerei, comprendemmo il pericolo e cercammo di correre con tutte le nostre forze per sfuggire alle bombe che intanto cominciavano a cadere verso la zona di Ponte le Cave. Io ebbi l’istinto di gettarmi nella “forma” del Sersimone, attaccandomi ad una saracinesca di irrigazione; i miei compagni, continuarono a correre verso il convento di Colle dell’Oro.

Le bombe di oltre 100 Kg, cadevano a grappoli, la terra tremava, il sibilo delle bombe ed il loro rumore, erano terrificante: Una bomba cadde a circa trenta metri da me. Rimasi ferito di striscio al fianco. Fortunatamente mi ero riparato dietro al muretto della saracinesca.

Decisi che lì non ero ben riparato, perché dal cielo, oltre le bombe, pioveva materiale di ogni genere, causato dallo scoppio delle bombe e dei residui dei proiettili, sparati contro i bombardieri dalle contraeree che erano a qualche chilometro da me.

C'era una palazzina di fronte a me e cercai di raggiungerla. Mentre correvo verso di essa, una bomba cadde sul caseggiato. Udii pianti e grida di dolore e di terrore di donne e bambini. Non c’era posto per potersi salvare, ti sentivi inerme e braccato dalla morte. Scelsi allora di fuggire più in alto, anch’io verso il convento, raggiunsi i miei compagni che si erano distesi lungo il margine della strada e dissi loro di scappare ancora più in alto mentre il rumore e il fischio delle bombe degli aerei si allontanavano e noi eravamo ricoperti da polvere e nuvole di fumo.

I miei compagni mi dissero: “Sei ferito!” Io non sentivo nulla mentre mi usciva il sangue dalla fronte e dal fianco.

Ero conciato male, ero tutto bagnato e avevo perso una scarpa. Fuggimmo ancora più in alto verso il convento. Avevamo paura che glia aerei tornassero, e così fu.Dopo una mezz’ora dal primo lancio, ci fu una seconda ondata di altre formazioni, che gettarono un’infinità di bombe.

In città molti cittadini erano usciti dai rifugi per vedere cosa era successo ai loro familiari, alle loro case e rimasero colpiti dalla seconda ondata, così ai morti ed ai feriti se ne aggiunsero altre centinaia.

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