venerdì 19 settembre 2008

Razzisti

E’ del tutto ininfluente se il padre cinquantenne e il figlio trentenne che hanno assassinato a Milano un giovane originario del Burkina Faso perché aveva rubato dei dolci dal loro esercizio abbiano preferenze politiche a destra o magari a sinistra, siano leghisti duri e puri o qualunquisti. Quel gesto criminale s’inserisce purtroppo nell’aria razzista che di stagione in stagione imbarbarisce il nostro vivere e coinvolge l’Italia intera, ogni suo cittadino e naturalmente anche chi afferma di rappresentarli e orientarli. Nonostante la discolpante negazione siamo negli ultimi anni diventati un paese che tollera il razzismo.

E deve fare i conti coi gesti estremi che sempre più spesso si ripetono dai Murazzi di Torino a Cernusco sul Naviglio episodi gravi, frequenti e assolutamente premeditati. Si bruciano campi e bambini nomadi, si spara, si spranga motivando tutto questo con la delinquenza degli immigrati, vera e presunta.

Ma fra chi passa all’atto e chi lo invoca, lo teorizza, lo esalta traendone spunto per una pianificazione politica (la Lega), chi è acquiescente e alleato (il Popolo della Libertà), chi volta la testa dall’altra parte, chi sarebbe contrario ma solo a parole, corre un filo d’unione spesso o sottile.

Come corre anche sul versante opposto fra chi s’indigna e basta, oppure denuncia ma è impotente (il Partito Democratico), chi farebbe di più ma oramai è un fantasma (la sinistra d’opposizione) e chi all’inverso potrebbe pensare di dare la caccia ai razzisti.

Il clima monta, ahinoi, giorno per giorno da anni, e anno dopo anno i ‘securitari’ acquisiscono potere e impongono maniere forti che servono però tutt’al più a malmenare i venditori abusivi come a Termoli, non a impedire loro di arrivare a frotte sull’onda della fame e della disperazione. Non c’è stata legge più inutile verso i flussi di migrazione clandestina che la Bossi-Fini e intanto è cresciuta ovunque l’intolleranza verso stranieri e poveri.

Solo diciott’anni fa, quando gli albanesi cercavano da noi quel ‘Lamerica’ descritta dal film di Amelio, s’accorreva a soccorrere i dirimpettai diseredati dell’Adriatico. E’ durato un nonnulla: il galoppo dell’egoismo ha fatto passi da gigante e intolleranza e indifferenza si sono impossessate di troppe menti.

Di contro la componente progressista sta rinunciando a occuparsi seriamente degli extracomunitari, per quanto costoro costituiscano un importantissimo tassello della manodopera produttiva, subendo come subisce la famigerata agenda politica d’una destra forcaiola e antisociale.

La sinistra è afona o parla sottovoce sia se si tratta di contestare atteggiamenti di xenofobia latente che l’italiano medio, ormai anche d’estrazione popolare, può manifestare; sia se occorre stabilire regole che tutelino quella cittadinanza di serie B o C rappresentata dai migranti.Si teme una guerra fra poveri se ad esempio occorre sancire il diritto a casa, istruzione, sanità per gli extracomunitari che le nostre famiglie indigenti contesterebbero.

E’ una sinistra che viene meno ogni giorno a una chiara funzione educatrice che spetterebbe alla sua visione democratica e multirazziale della società, che non si batte contro le vergognose campagne dei Bossi e Calderoli, fomentatori di odio etnico in vesti addirittura istituzionali.

E’ una sinistra che per real politik ha accettato – e organizzato coi suoi governi – quelle mostruosità di degrado che sono i Cpt, una sinistra che non ha fatto granché per contrastare la crescente mentalità di chiusura al “diverso, straniero, mussulmano, negro”, uomini e donne che taluni colpiscono e uccidono perché troppi nostri connazionali hanno cominciato a disprezzarli.

Chi vuole proporre un’altra Italia deve iniziarla a costruire nei luoghi pubblici, nei quartieri che non possono diventare ghetti, nelle piazze d’ogni giorno (non solo in quelle delle manifestazioni), nei posti di lavoro dove il lavoro clandestino s’annida e dove servirebbe che le migliaia di sindacalisti di professione, troppo spesso burocratizzati, intervenissero.

E con loro i militanti dei partiti che vogliono costruire quest’altra Italia.

Così nelle sedi dove i politici di carriera della sinistra professano la loro passione, dal più minuto dei municipi a Palazzo Madama. E altrettanto vale per noi che scriviamo.

Perché se qualcuno ammazza gli Abdul d’Italia la colpa è dell’Italia intera.

Enrico Campofreda, 14 settembre 2008

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