lunedì 31 maggio 2010

Vigliacchi! Attacco nazisionista di Israele alla Flotilla diretta verso Gaza

Ancora dubbi? Dopo l’assalto premeditato e vile delle truppe israeliane alla Flotilla che portava cibi e beni di prima necessità nella Striscia (sigillata) di Gaza (mentre scriviamo i morti ammazzati tra gli operatori umanitari della nave turca sono 19!) la politica sionista sulla quale si fonda lo Stato di Israele rinnova con il sangue versato da innocenti la sua essenza di politica di tipo nazista. Siamo a fianco della Flotilla ed a fianco del Popolo Palestinese in Resistenza contro l’oppressore occupante. E’ nostro dovere di comuniste e di comunisti resistere un secondo di più dei carnefici sionisti, senza arretrare di un millimetro. Dichiariamo ancora una volta, semmai ve ne fosse bisogno, Benjamin Netanyahu ed il Governo da lui presieduto responsabile di crimini contro l’umanità e di genocidio.

Dipartimento Comunicazione Comunisti Uniti


Gaza, assalto in mare

Sono almeno venti le vittime dell’assalto dell’esercito israeliano, avvenuto questa mattina all’alba, di una delle navi che portano aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. La barca assaltata, la Mari Marmara, fa parte della Freedom Flotilla, gruppo di imbarcazioni partite da vari paesi per portare sollievo alla popolazione civile di Gaza.

Impossibile contattare gli altri attivisti della Flotilla, i cui telefoni sono stati oscurati nella notte, poche ore prima dell’assalto dei corpi speciali israeliani. Tutti i membri della Flotilla sono da considerare in stato di fermo e le unità militari israeliane li stanno portando nel porto di Haifa, mentre in un primo momento il loro arrivo era previsto nel porto di Ashdod. L’ultimo comunicato stampa della rete che gestisce l’iniziativa recita: ‘”Lo streaming video mostra i soldati israeliani che sparano a civili”, e l’ultimo messaggio diceva: “Aiutateci, siamo stati abbordati dagli israeliani”.

La coalizione formata dal Free Gaza Movement (FG), European Campaign to End the Siege of Gaza (ECESG), Insani Yardim Vakfi (IHH), Perdana Global Peace Organisation , Ship to Gaza Greece, Ship to Gaza Sweden, e International Committee to Lift the Siege on Gaza lancia un appello alla comunità internazionale per chiedere a Israele di fermare questo brutale attacco contro civili che stavano tentando di portare aiuti di vitale importanza ai palestinesi imprigionati a Gaza e di consentire alle navi di continuare il loro cammino. La diretta dell’iniziativa umanitaria veniva seguita in diretta sul sito della coalizione, WitnessGaza.

Il numero delle vittime non è accertato, l’unico numero è stato fornito da un portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri. Quest’informazione, fornita in una intervista in tv, non ha per ora altra conferma.

Le immagini, trasmesse in tutto il mondo da al-Jazeera, che ha una troupe a bordo di una delle navi, mostrano elementi delle forze d’assalto israeliane che fanno irruzione a bordo. La Radio Militare israeliana ha confermato, poco fa, che le vittime sono almeno 16. Secondo i militari israeliani, gli incursori avrebebro incontrato resistenza nel tentativo di salire a bordo, in quanto alcuni membri dell’equipaggio brandivano non meglio precisate ‘armi da taglio’.

L’assalto è avvenuto a 65 chilometri dalla costa della Striscia di Gaza, in acque internazionali. Il cargo batteva bandiera turca e il governo di Ankara ha già rilasciato una nota nella quale chiede immediati chiarimenti al governo israeliano. La polizia turca ha protetto dall’assalto di un gruppo di dimostranti la sede diplomatica israeliana ad Ankara.

Una fonte ufficiale dell’esercito israeliano, sentito dalla televisione al-Arabiya, ha confermato che che le vittime sono 19: nove cittadini turchi e diversi arabi, anche se non è stata fornita la nazionalità di tutte le vittime. Al momento sono stati inoltre ricoverati 16 feriti, tra cui dieci soldati israeliani colpiti con coltelli durante l’assalto alle navi dai volontari. Si attende l’arrivo di tutte le navi nel porto di Ashdod mentre prosegue il recupero dei feriti da parte della marina israeliana.

La Turchia ha convocato l’ambasciatore israeliano ad Ankara dopo l’assalto. Lo ha reso noto un diplomatico turco. “L’ambasciatore Gabby Levy è stato convocato al ministero degli Esteri. Faremo presente la nostra reazione nei termini più perentori”. Il vice-premier Bulent Airnc ha convocato una riunione di emergenza ad Ankara a cui partecipano tra l’altro il ministro dell’Interno, il comandante della Marina e il capo delle operazioni dell’esercito

“Proclamiamo per domani uno sciopero generale a Gaza e in Cisgiordania in solidarietà con i volontari della flotta attaccata dai militari israeliani”, ha annunciato Ismail Haniyeh, primo ministro di Hamas. Haniyeh ha indetto una conferenza stampa, in diretta televisiva, questa mattina. ”Quella di oggi sarà ricordata come la giornata della libertà per il popolo palestinese – ha affermato – tutte le vittime di questo attacco saranno i martiri del nostro popolo”. Haniyeh ha invocato la collaborazione dell’Autorità nazionale palestinese, guidata da Abu Mazen e che controlla la Cisgiordania, della Lega Araba e dell’Unione Europea. La Lega Araba ha reagito subito, convocando per domani al Cairo una riunione urgente dopo l’attacco di questa mattina. Lo ha reso noto una fonte della Lega Araba citata da al-Arabiya.

Alta tensione anche in Israele. La polizia israeliana, appena è stata diffusa la notizia dell’assalto alla nave della Flotilla, ha predisposto la chiusura al traffico di alcune vie di comunicazione sensibili, in particolare in zone dov’è alta la presenza di arabi-israeliani. Movimenti di polizia si sono, in particolare, registrati subito nella zona di Wadi Ara, dove la tensione è alta, in quanto si è diffusa la notizia che una delle vittime sarebbe lo sceicco Raed Sallah, originario di questa zona.

La polizia israeliana ha inoltre deciso di isolare la zona della Spianata delle Moschee a Gerusalemme.

di Christian Elia su “PeaceReporter.net”

INTERVISTA AL NOSTRO SEGRETARIO NAZIONALE

L’esigenza del partito comunista e la lotta per costruirlo

Costretto ad un lungo periodo di riposo, a causa di un serio incidente al ginocchio, il compagno Oliviero Diliberto, segretario nazionale del PdCI, non sembra affatto sotto tono, quando ci accoglie nella sua casa. E lì, circondato dai suoi tanti e amati libri ed una graziosa gattina che ci gira attorno, inizia a parlare. Ed è un fiume in piena. «Accordo di governo, dopo le prossime elezioni nazionali? Sarebbe un errore, un guaio sia per noi che per il Pd, mentre ciascuno dovrà fare la sua, differente, parte. Questa è una crisi di sistema e per uscirne bisogna cambiare il sistema. Del resto i temi posti dai comunisti sono oggi, rispetto alla crisi strutturale del capitale e alle accelerazioni iperliberiste dell’Unione europea, più attuali che mai. Il punto è che occorrerebbe un partito comunista forte, radicato, di lotta e questo partito non c’è. Occorre risolvere il problema, contribuire alla costruzione di un partito comunista di questo tipo. E’ per questo che abbiamo lanciato, ormai da tempo (e solo parzialmente ascoltati) il progetto dell’unità dei comunisti. I comunisti e le comuniste bisogna unirli e unirle. Noi continueremo a lavorare per questo obiettivo e porteremo avanti questo progetto con tutti coloro che saranno disponibili».

Una prima domanda sulla cogente attualità. Credi che si stiano determinando le condizioni per elezioni anticipate?

È molto probabile. È difficile che il Governo possa reggere alla crisi ed ai continui scandali, oltre alla rottura stessa che si è andata consumando nel Pdl. E poi Berlusconi ha tutto l’interesse ad andarci. La scadenza del 2013 è in contrasto con i suoi interessi personali perché non potrebbe candidarsi a Presidente della Repubblica. Non è inverosimile pensare che le elezioni politiche possano tenersi insieme alle prossime elezioni amministrative.

E secondo te, allora, cosa dovrebbero fare le forze della sinistra e, in particolar modo, i comunisti? Ripetere l’esperienza del 2006 e l’accordo di governo col centro-sinistra?

Obbiettivamente oggi non vedo alcuna condizione per un patto di governo. Un accordo di questo tipo, oggi sarebbe un guaio sia per noi che per il Pd : troppo distanti i progetti e i programmi. Invece un largo fronte democratico che contrasti la peggiore destra di tutta Europa è auspicabile. E mi auguro che vi siano le condizioni per cambiare la legge elettorale che è folle, obbliga a formare schieramenti eterogenei e crea un Parlamento che non rispecchia il Paese, visto che di fatto non è eletto ma nominato. Noi comunisti dobbiamo lottare e muoverci politicamente per il ritorno alla legge proporzionale: è una richiesta che dobbiamo avanzare e per la quale dobbiamo mobilitarci. Altra questione è la risoluzione del conflitto d’interessi. Berlusconi, col suo dittatoriale monopolio dell’intero mondo televisivo ha trasformato un intero popolo di telespettatori in suoi elettori. Da questo punto di vista, dal punto di vista dell’organizzazione degenerata dell’organizzazione del consenso la situazione italiana è di una gravità inaudita: non solo è ora ma è già tardi per riportare la democrazia su questo terreno e togliere a Berlusconi questo strapotere.

Concentriamoci sull’ Unione europea e sulla crisi che la sta attraversando. E’ questa, una crisi passeggera?

Se si analizzano le questioni si capisce come questa crisi non sia affatto ciclica e passeggera. Essa è dovuta alla finanziarizzazione del mercato (denaro che genera altro denaro) che ha colpito paesi diversissimi tra di loro, non necessariamente fragili dal punti di vista economico. E questo perché ci troviamo di fronte ad una vera e propria crisi capitalistica di sistema.

Questo vuol dire che ci troviamo di fronte a sconvolgimenti che cambieranno nel profondo l’Unione Europea e l’Eurozona?

Io temo che ci si stia avviando verso due euro-zone. La prima, forte, guidata dalla Germania. Ed una seconda, più debole, che è l’eurozona mediterranea (Portogallo, Spagna, Italia e Grecia) a cui verrà applicato un cambio diverso. Il che renderebbe tutto molto più complesso ed esporrebbe questi paesi al rischio di forti speculazioni finanziarie, che in parte stanno già avvenendo. Tutto questo si innesta su una crisi più complessiva che vede un attacco contro l’euro da parte degli Stati Uniti d’America e di alcuni speculatori europei.

Perché questo?

Fondamentalmente, perché l’euro è una moneta sui generis, priva di uno Stato nazione.

Si è parlato infatti di una moneta senza uno Stato ed una politica economica.

Esattamente. E proprio questo essere una moneta senza Stato, fa dell’euro un paradigma emblematico del capitalismo, dove la politica viene cancellata e rimane solo il denaro.

Ma allora cosa pensi di questa Europa?

Questa Europa semplicemente non esiste. Voglio essere più esplicito: alcuni di noi hanno coltivato anni addietro l’idea che potesse nascere un’Europa politica, espressione dei popoli europei e con poteri decisionali, così che potesse formare un polo alternativo agli Usa. Ma tutto questo non è avvenuto e forse non poteva nemmeno avvenire. Lo dico con rammarico, ma bisogna prenderne atto, del resto gli Usa hanno lavorato sui singoli governi amici per impedire che si arrivasse ad un’unità politica. E la crisi sta ancora di più acuendo le difficoltà dell’Europa, rendendone impossibile la compiutezza di progetto politico, ma anzi disgregandola ancora di più, al punto che oggi, il Parlamento europeo è un vuoto simulacro, privo di poteri decisionali e di indirizzo.

Come si esce da questa crisi allora?

Come ho già detto prima, questa è una crisi di sistema. E allora non ci sono tante alternative: per uscire da una crisi di sistema bisogna cambiare il sistema. Il che, evidentemente, non vuol dire che io veda nell’immediato le condizioni per poterlo fare. I comunisti però hanno il compito di indicare una prospettiva di cambiamento radicale del sistema. Oggi più che mai la crisi rende attualissime le vecchie intuizioni contenute nel III libro del Capitale di Marx. Egli viveva in una economia con uno stadio embrionale di finanziarizzazione, ma aveva già allora lucidamente individuato i rischi enormi connaturati nel passaggio dalla fase in cui “merce produce denaro” a quella in cui “denaro produce denaro”. Ma tutto questo è intrinsecamente connaturato con il capitale. Oggi chi è comunista è più che mai attuale.

Ci sono, dunque, le condizioni per la ripresa della lotta e del conflitto? In Europa, in fondo, ci sono esempi che vanno in questa dimensione, basta vedere quello che accade in Grecia…

La ripresa delle lotte c’è. Ma proprio la Grecia ci dice che questo avviene se c’è un forte Partito Comunista, come il KKE, e un sindacato di classe. Non è l’unica condizione, ma è assolutamente indispensabile, altrimenti – come vediamo in Italia – le lotte sono parcellizzate ed incapaci di rappresentare gli interessi complessivi dei lavoratori.

E’ centrale il ruolo del KKE …

Assolutamente. In Grecia c’è un Partito Comunista forte, organizzato, che rasenta il 10% del voti, con strutture, militanti, organi di stampa: è un partito di massa. E quindi è in grado anche di essere parte integrante di queste lotte. In Italia invece noi dobbiamo ricominciare da capo, ed è evidente che il nostro cimento è quello di costruire una soggettività di radicale opposizione al capitalismo che sia in grado di proporsi come una speranza, una guida per il futuro.

Ma il KKE non parla solo al popolo greco. Nel loro striscione all’Acropoli di Atene i comunisti hanno invitato i popoli di tutta Europa a ribellarsi.

I greci hanno un fortissimo senso dell’internazionalismo che è figlio della loro storia e della loro precisa identità politica. Per cui non mi sono stupito, anzi ho condiviso questo appello. Bisogna vedere quanti sono in grado di raccoglierlo. La parcellizzazione delle forze della sinistra di classe e degli stessi comunisti a livello europeo è incredibile. Uno dei temi oggi è quello di ricostruire un internazionalismo credibile, senza il quale sarà difficile anche organizzare le lotte.

Veniamo all’Italia. Il Governo ha, per lungo tempo, disseminato ottimismo e fatto credere che la crisi fosse già passata. Ora invece si avvia ad una manovra finanziaria di “lacrime e sangue”. Tutto questo non dovrebbe aiutare a creare un clima ostile al governo delle destre e più vicino alle ragioni delle forze di sinistra e dei comunisti?

La crisi si accentuerà e porterà ad un ulteriore indebolimento delle fasce più deboli della popolazione, con tagli di stipendi, salari, pensioni e, soprattutto, tagli allo stato sociale. Tutto questo però non necessariamente porta a sinistra. In altre fasi drammatiche della storia europea è accaduto un pericoloso spostamento a destra. Anche perché per governare politiche così drasticamente antipopolari ci vogliono governi autoritari, la militarizzazione delle società. E infatti io sono molto preoccupato.

Che fare, allora?

Io vedo due questioni: una grande questione democratica in cui i comunisti e la sinistra, assieme alle altre forze democratiche, devono lavorare per mantenere l’agibilità democratica della piazza, affinché all’esplodere del conflitto si mantenga la possibilità della protesta e della lotta sociale. Questo è nell’interesse di tutte le forze che si riconoscono nei valori dell’arco costituzionale.

E l’altra questione?

È un aspetto più squisitamente nostro, perché attiene alla nostra capacità di essere parte dei conflitti e guidarli. Oggi le lotte non sono sparite, ma sono oramai parcellizzate. Assistiamo all’esplodere di micro conflitti diffusi (di una città o addirittura di una sola fabbrica). Il compito di noi comunisti, se ci riusciamo, è quello di tessere la rete di questi conflitti e metterli su un piano politico più generale, che li faccia uscire da questa atomizzazione e spettacolarizzazione, indotta dal fatto che la cancellazione dai mezzi di comunicazione porta ad esasperare gli aspetti simbolici ed eclatanti, proprio per riuscire a bucare lo schermo e dare voce alla propria lotta e protesta.

E qual è, secondo te, il contenuto centrale che queste lotte devono fare proprio?

Oggi, dopo la grande ubriacatura neoliberista degli anni ’90 ritorna con forza il ruolo dello stato in economia. E con questo non intendo gli aiuti a pioggia per risanare i bilanci delle banche. Se lo stato concede degli aiuti, deve entrare nelle proprietà ed entrare nei consigli di amministrazione. Non c’è altra strada. So che su questo il Pd è sordo, ma si deve provare ad aprire una stagione nuova.

Veniamo alla sinistra italiana: come vedi la situazione? E soprattutto, come sono messi i comunisti in Italia?

Nei momenti di difficoltà tendono a prevalere sempre le divisioni, le diffidenze reciproche, i distinguo, che sono spesso di lana caprina. Oggi più che mai sarebbe necessario superare questa empasse per provare a ricostruire. In fondo sino a non molti anni fa i comunisti avevano una forza organizzata ed un consenso anche elettorale piuttosto elevato. Nel 2006 Prc e Pdci presi assieme viaggiavano su percentuali a due cifre. Poi ci sono stati errori drammatici, come la partecipazione al governo Prodi.

Esperienza dalla quale i comunisti ne sono usciti con le ossa rotte …

Dobbiamo trarne la giusta lezione: il partito di lotta e di governo non funziona. Una forza politica, questo almeno è la mia visione, deve sempre delineare una prospettiva di governo. Ma un conto è essere un partito di governo, altra cosa è essere un partito al governo.

Puoi chiarire?

Un partito di governo è un partito che, seppur piccolo, è in grado di prospettare soluzioni e proposte per il governo del Paese, ma questo non implica una automatica propensione al governismo. Bisogna vedere se ci sono le condizioni, se si hanno i rapporti di forza, se si è in grado di spostare i rapporti politici. Se tutto queste condizioni mancano, allora bisogna essere un partito di lotta. Le due cose assieme non riuscì a farle nemmeno il PCI quando aveva il 34% dei voti, figuriamoci se possiamo esserlo noi.

E cosa devono fare i comunisti, allora?

Oggi vedo tre terreni di battaglia…

Iniziamo dal primo.

L’agibilità democratica. Ne ho brevemente accennato prima ma ci ritorno. In Italia la questione democratica è molto più accentuata che nel resto d’Europa. Berlusconi ha di fatto azzerato il Parlamento, visto che il 93% delle leggi sono di iniziativa governativa. Se a questo si aggiunge l’attacco alla magistratura (terzo potere dello Stato) e all’informazione (che nei paesi a democrazia avanzata rappresenta una sorta di quarto potere), capiamo come la questione democratica in Italia è davvero stringente. Ma ci rendiamo conto del fatto che, negli ultimi mesi, si sono persi 400 mila posti di lavoro e la Tv passa l’Isola dei Famosi?

E poi?

All’interno di questo fronte democratico, che si caratterizza per battaglie di difesa della democrazia costituzionale, ci deve essere il tentativo di allargare il più possibile la sinistra in quanto tale. Il Pd è un interlocutore che sul terreno sociale ha delle politiche neoliberiste che sono molto distanti dalle nostre. E quindi bisogna allargare e rafforzare la sinistra di classe. Per me il discrimine è la contraddizione tra capitale e lavoro, perché è la contraddizione principale nel mondo. In questo secondo terreno possiamo incontrare le forze politiche che non sono comuniste e che tuttavia coerentemente si battono per miglioramento delle condizioni di vita delle classi popolari.

Vedo prefigurare, in queste tue parole, un ragionamento a cerchi concentrici: prima il terreno largo della democrazia, poi la sinistra e le questioni di classe. Qual è il terzo cerchio, e quindi il perno di tutto questo?

Indubbiamente i comunisti. Oggi non solo la questione comunista è centrale, ma io vedo, come complementare a quanto detto prima, un processo di ricomposizione dei comunisti. Ricostruire la sinistra non vuol dire che non ci devono più essere i comunisti, è il contrario. Nel momento in cui si lancia una battaglia unitaria, e possibilmente si cerca di dar vita ad un fronte largo e democratico, i comunisti per non estinguersi o per non rimanere una nicchia ininfluente, devono lavorare per rimettersi tutti assieme, superando le divisioni che purtroppo nei momenti di crisi tendono ad accentuarsi, invece che attenuarsi.

Perché?

Perché si diventa autoreferenziali quando si è in pochi. Oggi, viceversa, ci sono anche le condizioni oggettive per provare, dentro un percorso a cerchi concentrici di alleanze, a mettere assieme tutti quelli che sono ancora comunisti. Per guardare avanti, perché la crisi ci sta dando ragione. È un paradosso pazzesco: la crisi ci da ragione e tuttavia siamo ridotti ai minimi termini. Quando Prc e Pdci assieme fanno il 3% dei voti, è un dato imbarazzante. Possibile che questo dato colpisca solo me?

E Rifondazione Comunista?

Io ho grande rispetto per il Prc, ma non posso non rilevare come alla nostra richiesta del 2008 di riunificare i due partiti, Rifondazione abbia risposto con una pulsione tutta interna a quel Partito. Secondo me è un errore. Non possiamo che prenderne atto. E dico di più: la linea del Pdci resta in piedi e noi lavoreremo con quelli che sono disponibili a farlo. Il che non significa mettere in discussione il rapporto con le altre forze della sinistra, anzi: dentro una sinistra più larga, i comunisti devono poter esercitare un ruolo.

Ti sento deciso. E’ questa la strada?

Ma certo! In fin dei conti le contraddizioni che stanno esplodendo a livello planetario sono talmente enormi che solo un cieco, o uno in malafede, non vede il ruolo che noi potremmo avere. Il capitalismo è forte e pervasivo. Certo, si manifesta in forme diverse dall’800, come è ovvio, ma se uno si va a rileggere i nostri classici, penso innanzitutto agli scritti di Lenin, trova delle chiavi di lettura utili per capire l’attualità. Sapendo che lo scontro planetario oggi, a differenza che nel passato, è prevalentemente sulle fonti di energia e sull’autosufficienza alimentare. Da questo punto di vista la Repubblica Popolare Cinese sta facendo una politica realmente lungimirante, con i suoi rapporti non di rapina con un continente importante come l’Africa. Noi vogliamo interagire dalla nostra periferia con questi enormi fenomeni, o vogliamo stare a guardare? Io credo che vada ricostruito un moderno internazionalismo, e questo passa solo dall’azione dei comunisti.

Puoi continuare il ragionamento?

Questo in fondo è uno dei terreni unificanti tra i comunisti. Lo scenario mondiale sta profondamente cambiando. Dal Sudafrica, all’America Latina all’Asia. Tutto quello che si muove, va nella direzione di una redistribuzione, cioè in una visione anticapitalistica. Noi, ahimè, viviamo chiusi in un bunker e vediamo il mondo attraverso la feritoia di questo bunker. Bisognerebbe avere il coraggio di uscire fuori, guardare a 360 gradi. Questo lo possono fare solo i comunisti, perché solo loro mantengono una teoria generale di critica sistemica al capitalismo.

Che fare, allora?

I comunisti vivono oggi una fase difficilissima. Sarebbe facile mollare. Facile ma profondamente sbagliato. Il pendolo della storia ha consegnato alla mia generazione il compito di mantenere viva un’idea per consegnarla alle nuove generazioni. Da questo punto di vista anche proseguire nella ricerca teorica, nella ri-aggregazione degli intellettuali, facendoli uscire dalle loro ricerche settoriali, per metterli in rete l’un l’altro e dare vita ad una ricerca e ad un confronto permanente e strutturato, è un compito del presente. Una volta c’erano centri di ricerca e di studio marxista di altissimo prestigio. Tutto questo va ricostruito da capo. È un lavoro di lunga lena, ma che dobbiamo ricominciare.

In che modo?

Abbiamo costruito l’Associazione “ Marx XXI ” per cominciare a lavorare in questa direzione. Dobbiamo tutti impegnarci perché lavori bene, perché questo seme, riposto oggi su un terreno arido, possa germogliare. Sono sempre più convinto che, nello stato in cui siamo, questo nuovo inizio è indispensabile e va fatto con i passi giusti, ad iniziare dal fatto che è prioritario stare in mezzo alle lotte, altrimenti non recupereremo mai la credibilità nelle nostre classi di riferimento.

Un’ultima domanda.

Immagino sulla Federazione della Sinistra…

Esattamente: che ne pensi?

Penso che la Federazione della Sinistra rappresenti l’occasione per favorire l’unità d’azione dei comunisti insieme ad altre forze della sinistra. Poi bisogna dire che all’interno di uno dei due partiti comunisti ci sono militanti e dirigenti che non si ritengono più comunisti. Lo dico sommessamente e con rispetto, ma è un dato di fatto che c’è chi lavora per fare un nuovo soggetto politico della sinistra, archiviando la questione comunista.

E quindi?

Quindi sono sempre più convinto del fatto che la Federazione non deve assolutamente lasciare sguarnito il fronte interno. Insomma, dentro la Federazione i comunisti vogliono giocare un ruolo? Io voglio mettere il mio Partito a disposizione di un progetto di ricomposizione dei comunisti su basi più larghe, che non faccia cessare la prospettiva di una sinistra più larga e di un sistema di alleanze, ma all’interno della quale i comunisti contino, abbiano un ruolo ed abbiano una vocazione egemonica. Lavorerò – lavoreremo – per questo.

di Francesco Maringiò su “L’Ernesto”

martedì 25 maggio 2010

Scuola - PDCI: "In nome della Costituzione, bisogna subito mandarli via"

"L’ha detto Berlusconi: “Nella manovra economica non ci saranno tagli alla scuola”. Possibile. Infatti, ha già tagliato il 25% del bilancio statale dell’istruzione, 12 miliardi in quattro anni!
La Gelmini gli fa da controcanto e aggiunge: si potrebbe iniziare la scuola in ottobre, 15-20 giorni più tardi di quanto accade ora. Ovvero, visto che non si possono tagliare i fondi si fa un’operazione più diretta, si taglia la scuola! Sarebbe come dire che non si taglia la sanità ma si chiudono gli ospedali un mese all’anno. Venti giorni di scuola in meno moltiplicati per dieci (gli anni dell’obbligo scolastico) fanno 150-200 giorni, equivalenti a un anno di scuola in meno per alunni-studenti dai sei ai sedici anni di età. Ad esso si va ad aggiungere un altro anno di scuola perduto a causa delle riduzioni di orario operate dalle “riforme gelminiane” in ogni ordine di scuola. Così il governo che “nella manovra economica non taglia alla scuola” è riuscito a ridurre di due anni l’obbligo di istruzione. Anzi di quattro anni! Infatti, i quattordicenni che lo vogliono possono frequentare corsi di formazione professionale anziché la scuola e i quindicenni, anziché andare a scuola, potranno lavorare come apprendisti. In due anni di governo, quattro anni di scuola obbligatoria rubati ai nostri figli. Mai furto sul loro futuro fu così ignobile! Sessant’anni fa la Costituzione italiana scriveva: “l’istruzione è obbligatoria e gratuita per almeno otto anni”. Sessant’anni dopo, nella società della conoscenza, l’hanno ridotta sostanzialmente a sei! Tanto c’è la tv del presidente. In nome della Costituzione italiana, bisogna subito mandarli via!". E' quanto afferma Piergiorgio Bergonzi, responsabile Scuola del PdCI-Federazione della Sinistra.

Udine, Leghista fotografa donna con niqab e chiama Ps - PDCI: "Sonno ragione genera mostruosità"

"Il sonno della ragione genera mostruosità. Quanto accaduto a Udine, dove, stando a quanto riferito da alcuni quotidiani locali, il capogruppo comunale della Lega Nord avrebbe fotografato una donna col Niqab chiamando successivamente la polizia, è il segno dei bui e pesanti tempi che vive l'Italia.


L'episodio smaschera la pericolosità di certa parte politica pronta solo a buttare benzina sul fuoco dell'intolleranza ed a soffiarci poi sopra nell'intento di alimentare quell'odio razziale non degno di un Paese civile come il nostro. Chiediamo al ministro dell'Interno Maroni di fare luce su quanto avvenuto e di prendere le immediate distanze da un siffatto comportamento, che mette a serio rischio l'immagine dell'Italia, da sempre culla di civiltà e tolleranza, nel mondo". E' quanto afferma Pino Sgobio, dell'ufficio politico del PdCI - Federazione della sinistra.

Berlusconi - PDCI: "Più poteri? Premier affetto da sindrome del monarca frustrato"

"Più poteri? La manifesta incapacità a governare per gli interessi generali del Paese, evidentemente, genera nel premier la 'sindrome del monarca frustrato'.
Invece di prendersela con la Costituzione e le regole istituzionali, e alla vigilia del varo di una Manovra lacrime e sangue che ha sbugiardato la propaganda del governo, Berlusconi farebbe bene a prendere atto del fallimento politico del suo Esecutivo e andarsene a casa. Un bugiardo, per giunta dedito allo scaricabarile, non può certo governare un Paese serio e democratico". E' quanto afferma Manuela Palermi, dell'ufficio politico del PdCI - Federazione della sinistra.

INTERCETTAZIONI - DILIBERTO: "ITALIA NON MERITA SIMILE VERGOGNA"

"L'Italia non ha bisogno di una simile legge. Nessun emendamento, perciò, potrà mai migliorare una vergogna legislativa come quella che il governo vuole imporre alla democrazia del nostro Paese.
Le voci che si rincorrono sulla possibile fiducia al Senato sul Ddl dimostrano tutta l'arroganza e la prepotenza del governo, che pur di tappare la bocca a magistrati e giornalisti è pronto a passare sul cadavere della civiltà". E' quanto afferma Oliviero Diliberto, segretario nazionale del PdCI - Federazione della sinistra.

Manovra - PDCI: "Smaschera bugie governo: il Re è nudo"

"Il Re è nudo: la pesante manovra finanziaria che sta per abbattersi sugli italiani smaschera definitivamente le bugie del governo Berlusconi.
Con le parole del sottosegretario Letta è finita la propaganda di regime: la Grecia è dietro l'angolo e il governo in questi due anni ha solo preso in giro gli italiani sostenendo che la crisi praticamente non c'era, portando così l'Italia sul baratro della bancarotta. Questi governanti da 'strapazzo', che ora chiedono agli italiani sacrifici e sangue per non fare la fine della Grecia, si vergognino, chiedano scusa agli italiani e se ne vadano a casa". E' quanto afferma Alessandro Pignatiello, coordinatore della segreteria nazionale del PdCI - Federazione della sinistra.

Cinema, Cannes - PDCI: "Parole Germano sveglia per Bondi"

"Quanto dichiarato da Elio Germano a Cannes, al momento della premiazione, dovrebbe suonare come una sveglia per il ministro Bondi e per il governo tutto, che sul Festival di Cannes hanno davvero fatto una pessima figura.
Meno male che c'è il talento e la bravura degli attori e dei registi italiani a far fare bella figura all'Italia...". E' quanto afferma Paola Pellegrini, responsabile Cultura del PdCI - Federazione della sinistra.

lunedì 17 maggio 2010

Afghanistan e vomitevole ipocrisia

C'è sull'Afghanistan una vomitevole ipocrisia. Oggi, di fronte ai nuovi morti, qualcuno parla di ridiscutere la nostra presenza. Lo fa Di Pietro, lo fa Calderoli. Oppure, come Anna Finocchiaro, viene avanzata la richiesta di discuterne in Parlamento. Qualche giorno fa Obama si è complimentato con Karzai per aver aperto una trattativa con i talebani.
Durante il governo Prodi, noi, Rifondazione e i Verdi chiedevano il ritiro delle truppe. Ma siccome ci rendevamo conto di esssere in un contesto nazionale e internazionale che rendeva la nostra richiesta niente più che un mero appello, avanzammo anche proposte precise. Primo: avviare una exit strategy attraverso una conferenza di pace e tutti, dal Pdl, al Pd, all'Idv ai media (che brutto ruolo giocarono in quel periodo tante fonti di informazione!) ci guardavano come patetici residuati di un altro secolo. Secondo: aprire un tavolo di trattativa con i talebani, perché la pace si fa con i nemici, non con gli amici. E tutti - gli stessi che ho nominato sopra - ci trattavamo come terroristi, come la lunga mano dei talebani in Italia. Terzo: insistevamo, dati e notizie alla mano, anche di fonte afgana, che quella non era una missione di pace ma una sporca, lurida guerra. E sempre gli stessi dicevano che volevamo abbandonare le donne alla furia dei talebani e il mondo alla follia del terorrismo. C'era poi un'ultima accusa, forse la più indegna. La nostra mancanza di sostegno alla "missione di pace" era un modo di abbandonare i militari italiani, renderli un facile bersaglio del terrorismo. Me li ricordo, i Calderoli di turno, come si ergevano a giudici...
Leggo stamane le loro dichiarazioni con un sentimento che sta tra la frustrazione e lo schifo. Ma poi penso ai ragazzi italiani morti e a quelli feriti, alle migliaia di morti e feriti afgani - civili innocenti - allo strazio delle famiglie, degli amici, e mi dico che nessun senso di frustazione o schifo deve avere la meglio sulla lotta per la pace.
Ho seguito con passione i lavori della Tavola della Pace - interessanti, profondi, impegnati - riportati stamane sui grandi giornali in poche righe. Ho seguito la vicenda di Emergency con solidarietà e angoscia. Non siamo soli. Siamo in tanti, siamo la maggioranza a detestare guerre e violenza. E questo mi dà motivazione e conforto.

Oliviero Diliberto segretario nazionale PdCI

AFGHANISTAN - DILIBERTO: "BASTA MORTI, GOVERNO DEVE RITIRARE LE TRUPPE"

"La via politica è l'unica soluzione per uscire da una guerra persa già da tempo.


Un Paese che si rispetti non può accettare che i suoi figli continuino a morire per una causa assurda. Il Governo deve ritirare le truppe. E lo deve fare chiedendo scusa all'intero Paese per aver mascherato per missione di pace una sporca guerra". E' quanto afferma Oliviero Diliberto, segretario nazionale del PdCI, che "esprime solidarietà e vicinanza alle famiglie dei militari italiani morti e feriti" in Afghanistan.

venerdì 14 maggio 2010

INTIMIDAZIONE AI COMPAGNI GIROLAMO, MICHELANGELO E MICHELE TRIPODI

ESPRIMIAMO LORO VICINANZA TOTALE, CHIEDIAMO LA RISPOSTA DELLE ISTITUZIONI DEMOCRATICHE.

Esprimiamo una solidarietà piena e affettuosa ai compagni Girolamo, Michelangelo e Michele Tripodi, autorevoli dirigenti del PdCI di Polistena e di Reggio Calabria, nostri compagni di militanza all’interno della Federazione della sinistra, vittime di una gravissima intimidazione dal chiaro sapore mafioso.
Il plico indirizzato loro con tre proiettili e con relative minacce allegate, intercettato dalla polizia lo scorso 1 Marzo, è un attacco ignobile nei confronti della serenità umana e politica dei tre dirigenti comunisti, un segnale assolutamente preoccupante che merita una reazione forte da parte di tutta la società civile.
Il fatto che la busta sia stata spedita all’inizio della campagna elettorale per comunali e regionali, come certificano le date di spedizione e di intercettazione, dimostra quanto e come le forze criminali temano l’azione politico-amministrativa di chi ha fatto della giustizia e dell’onestà la ragione del proprio impegno pubblico.
Alle forze dell’ordine e alle autorità giudiziarie chiediamo la massima sollecitudine nell’indagine, affinché vi sia una risposta forte ed autorevole da parte delle istituzioni democratiche, una risposta forte ed autorevole di uno stato che difende la legalità e la libertà politica.
Ai compagni Tripodi e alle loro famiglie vogliamo far giungere la vicinanza di tutto il PRC della provincia di Reggio Calabria. Nella convinzione che da parte loro, come da parte nostra, non vi sarà il benché minimo passo indietro dinanzi alla violenza e ai soprusi mafiosi.

Il Segretario Provinciale PRC Reggio Calabria
Antonio Larosa

Nucleare - Polcaro e De Nardis: "La Federazione della sinistra e il nucleare: si apra un ampio dibattito"

"Molti anni fa, quando su un importante problema si riscontravano posizioni assai diverse tra compagni, si usava il termine di “contraddizioni in seno al popolo” e si sosteneva che l’unico modo di risolvere la situazione fosse quello di discuterne in modo “franco ed aperto” fino a trovare un punto di sintesi.

Oggi, evidentemente, questo sistema non va più di moda. Così, di fronte ad un problema assai serio, come quello del nucleare, vediamo un appello firmato anche da alcune/i illustri ed amatissime/i compagne/i, sulla cui adesione ai principi che guidano anche noi non ci possano essere dubbi, che sostiene, con l’unica richiesta di garanzie sul gravissimo problema delle scorie, la necessità di un ritorno immediato all’energia da fissione.

Dall’altra parte, vediamo compagne/i anche queste/i illustri, amatissime/i e che senza dubbio condividono i nostri ideali, sostenere, “senza se e senza ma” una posizione totalmente opposta ed i due gruppi, chiaramente in perfetta buona fede, non sembrano intenzionati a confrontare tra loro le reciproche convinzioni.

Proprio per stimolare un dibattito franco ed aperto che possa portare ad una sintesi, ci permettiamo, pur riconoscendo di non essere specialisti in questo campo, di esporre il nostro punto di vista: 1) Tutti i metodi di produzione di grandi quantità di energia presentano rischi intrinseci ed anche molto elevati: il Vajont, Chernobil, l’incidente della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico, il treno di Viareggio, solo per ricordare i primi che ci vengono alla memoria, e lo stesso dibattito sull’impatto ambientale dei parchi eolici lo dimostrano. Non esiste quindi forma di produzione di grandi quantità di energia che possa essere considerata “intrinsecamente sicura” e quindi gestibile solo sotto il controllo del “libero mercato” o di pochi “specialisti”;
2) Anche se una riduzione del consumo energetico pro-capite e l’aumentare della quota di energia prodotta in modo diffuso è possibile ed auspicabile, non è ragionevole pensare che si possa sopperire al bisogno energetico dell’umanità solo in questo modo;
3) E’ quindi inevitabile che si debba ancora, e per lungo tempo, ricorrere in parallelo al risparmio energetico ed alla diffusione di piccoli impianti, anche alla produzione di energia tramite centrali di grandi dimensioni e quindi che si debba concentrare ogni sforzo sulla ricerca e sviluppo tecnologico che garantiscano la maggior sicurezza possibile di tali impianti e contemporaneamente riducano al minimo il relativo impatto ambientale ed il consumo delle materie prime e delle risorse naturali non rinnovabili utilizzate per questa produzione;
4) Dato quanto abbiamo detto in precedenza, riteniamo però altrettanto importante che questi impianti debbano essere tenuti sotto uno stretto controllo politico da parte delle popolazioni delle aree interessate: non ci dà quindi alcuna garanzia uno sviluppo della produzione energetica (con qualsiasi tecnologia) che dovesse avvenire solo sotto il controllo di imprese private, inevitabilmente interessate solo al proprio profitto, e/o di governi che siano attenti solo agli interessi di queste imprese;
5) E’ ben noto che la produzione di energia da fissione nucleare, anche con la tecnologia più recente, utilizza solo in una minima parte l’energia potenzialmente ottenibile dal materiale fissile utilizzato: ciò porta alla produzione di scorie ancora altamente radioattive, potenzialmente utilizzabili a fini bellici e comunque difficilmente gestibili, ed ad un consumo dei minerali di partenza che, agli attuali ritmi, esaurirà le scorte disponibili forse anche prima di quanto possa avvenire per quelle di combustibili fossili.

Se quindi riteniamo che studi scientifici e sviluppi tecnologici tendenti alla progettazione di nuovi tipi di centrali energetiche, anche a fissione, più sicure ed a consumi ed impatto ambientale più basso, debba essere continuato ed incrementato, riteniamo invece che un “ritorno al nucleare” quale quello deciso dal governo delle destre, basato sulle tecnologie esistenti e sull’acquisto all’estero di centrali “chiavi in mano”, sia in questo momento improponibile in quanto antieconomico e dannoso, sia perché rischia di sperperare ingentissime quantità di risorse economiche e materiali per la costruzione di centrali che saranno pronte solo quando i materiali fissili saranno esauriti o talmente scarsi da avere costi inaccessibili, sia perché imposte con una militarizzazione del territorio che le sottrarrà a qualsiasi controllo delle popolazioni e degli stessi tecnici, esponendo a rischio vaste aree solo per miseri interessi politici ed economici. Lo stesso discorso sarebbe però valido anche se il “piano” avesse riguardato centrali termiche o idroelettriche.

Su questi temi, quindi, la Federazione della Sinistra intende aprire un ampio dibattito, nella speranza di contribuire a portare ad una posizione di sintesi condivisa da compagne e compagni". E' quanto scrivono Vito Francesco Polcaro e Fabio de Nardis, rispettivamente responsabile Università e Ricerca del PdCI e del PRC.

solidarietà alla famiglia Tripodi

Alla famiglia Tripodi va tutta la nostra solidarietà e vicinanza per la vile intimidazione subita. I compagni Michelangelo, Momo e Michele sanno che non sono soli in questa battaglia. La lotta alla 'ndrangheta che il nostro partito conduce sarà ancora di più senza quartiere e non ci faremo intimidire.
tutto il Partito dei Comunisti Italiani e tutta la parte sana della Calabria sono con voi.

CALABRIA - DILIBERTO: "SOLIDARIETA' ALLA FAMIGLIA TRIPODI NEL MIRINO DELLA 'NDRANGHETA"

"C'è una straordinaria famiglia che in Calabria, fin dai tempi del Pci, ha sempre combattuto a viso aperto contro la 'ngrangheta. E' la famiglia Tripodi".
Lo dichiara Oliviero Diliberto, segretario nazionale del Pdci-Federazione della Sinistra. "Oggi a Momo, Michelangelo e MIchele -prosegue Diliberto - è stata recapitata una busta contenente tre proiettili. Non è la prima volta che accade. Durante i fatti di Rosarno sono stati vicini agli immigrati fin dai primi momenti, avendo compreso subito di cosa si trattava. E l'hanno denunciato, sulle piazze e sui media. La famiglia Tripodi è a rischio da anni, ma nessuno è mai riuscito ad intimidirla. Mi auguro che il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, voglio indagare sulle minacce di cui è vittima da anni. A Momo, Michelangelo e Michele, dirigenti del Partito dei Comunisti Italiani, rivolgo la più affettuosa vicinanza e solidarietà mia e di tutto il partito".