martedì 10 luglio 2007

contro la privatizzazione dell'acqua

L’emergenza idrica in Calabria e, in particolare, nella provincia di Cosenza è attualmente una questione al centro del dibattito politico ma soprattutto civile. Nel marasma delle responsabilità non chiarite e nella perseveranza del problema, chi paga “profumatamente” le dirette conseguenze sono i cittadini-utenti. Non sarà stato certo confortante ascoltare il sindaco Perugini che, durante una trasmissione televisiva di un’emittente locale, si è difeso giustificando il problema idrico di Cosenza come antico di mezzo secolo e perciò non attribuibile alla sua amministrazione. Questa pagina vuole informare, essere uno spunto di riflessione e di chiarimento per evitare ulteriori prese in giro da parte della classe politica calabrese.

E’ ormai noto che la SORICAL è’ una società a capitale misto pubblico/privato, attiva dal 1° novembre 2004, i cui soci pubblici sono la Regione, le Province, l'ANCI regionale, che ha il mandato di gestire il complesso infrastrutturale delle opere idropotabili della Regione e il connesso servizio di fornitura ai Comuni per trent'anni a partire dal 2004.

Il capitale sociale della Sorical è detenuto per il 51% dalla Regione Calabria mentre il restante 49% da Acqua Calabria, la società costituita dal socio privato Enel Hydro, dopo l'uscita di scena dell'Acquedotto pugliese che ha ceduto all'Enel la propria partecipazione. Secondo la relazione di un recente incontro a tema tenutosi all’Unical, si era appreso dall’ingegner Baietti, responsabile della Direzione Tecnica della SORICAL S.p.A, che Il 49% della SORICAL era passata dalla Società ENEL HYDRO ad una Società francese. Si apprende anche che la SORICAL ha fatto un grosso investimento per la ristrutturazione di tutti i 13 impianti di potabilizzazione, in quanto obsoleti e per rendere l’acqua più limpida e, nel 2006 è prevista una gara d’appalto nel territorio di Cosenza per il completamento della diga dell’ Esaro e il raddoppio della condotta Abatemarco fino alla città di Cosenza.

La Regione ha affidato alla SORICAL anche l'attuazione degli investimenti, finalizzati alla integrazione e al completamento del complesso delle infrastrutture idriche, in modo da garantirne la gestione unitaria su tutto il territorio regionale. Il complesso acquedottistico affidato alla SORICAL comprende oltre 200 schemi acquedottistici che servono complessivamente 380 su 409 Comuni della Regione, ma che rappresentano il 99% della popolazione. L'acqua distribuita mediamente è di 260 milioni di m3 all'anno.

Un problema è che, secondo l’Ing. Collorafi - ex direttore tecnico del comune di Cosenza, con incarichi in passato nell’A.T.O. Calabria1-Cosenza e attualmente membro del C.d.A. della Cosenza Acque s.p.a., società formata da 96 dei 155 sindaci della provincia di Cosenza- Cosenza paga 18 milioni di m3 di acqua alla ValleCrati per la depurazione, ma se ne fa pagare solo 4 milioni dai suoi cittadini, i quali però a loro volta hanno sborsato nella fattura del 2004 ben 130 euro solo di spese di depurazione.

I serbatoi di Cosenza dispongono di 5 milioni di m3 di acqua, provenienti direttamente dalle proprie sorgenti, più 11 milioni di m3 di acqua fornita dalla SORICAL, per un totale di 17 milioni di m3 di acqua. Si dovrebbe quindi avere una dotazione idrica per abitante in media di 500 litro/(abitante al giorno), ma purtroppo non è così: che fine fanno 13 milioni di metri cubi d'acqua che i cittadini perdono, visto che il Comune ne fattura solo 4 milioni erogati sui 17 totali approvvigionati? Ci sono grosse perdite lungo la rete cittadina e, sicuramente, sperequazioni di distribuzione. È uno di quegli aspetti che ci fa ammettere che la gestione è da rivedere. Nella convenzione firmata dal governo Chiaravalloti, era previsto il blocco delle tariffe per cinque anni; le conseguenze dell'affare Sorical, dunque, i calabresi le sperimenteranno sulle proprie tasche molto presto.

Secondo la valutazione intermedia del Quadro Comunitario di Sostegno 2000-2006, un indicatore significativo è quello relativo alle perdite di rete, espresse in termini di differenza tra acqua immessa in rete e acqua erogata o fatturata. La percentuale della Calabria (56%) è alquanto più alta di quella media (42%) relativa alla totalità degli ATO italiani considerati nella rilevazione. L’ATO di Reggio Calabria (65%) e quello di Cosenza (58%) raggiungono livelli maggiori dell’indicata media. Anche se si suppone che i consumi collettivi e quelli abusivi, normalmente non conteggiati, pesino di più che in altre regioni, l’entità del dato indica un cattivo funzionamento della gestione del servizio, e mette in luce grosse esigenze di finanziamento per interventi riparatori della criticità.

La quale criticità lascia sospettare insufficienze nelle attività di manutenzione degli impianti e quindi la vetustà di questi.

Le gestioni comunali hanno mostrato infine un’altra criticità sul versante della gestione amministrativa degli acquedotti in quanto hanno accumulato rilevanti debiti nei confronti della Regione per l’acquisto dell’acqua da distribuire agli utenti. Se i Comuni non pagano l’Ato per pagare a sua volta le società di gestione, si verificano poi casi come quello della Smeco – società a cui era affidata la gestione degli impianti di depurazione- i cui lavoratori sono in mobilità da maggio scorso. Questo fatto, oltre a porre al nuovo gestore del sovrambito qualche problema per il recupero dei crediti, è indice di una politica regionale soffice nei rapporti finanziari con gli enti locali, forse spiegabile in relazione allo stato di disagio finanziario di questi ultimi e delle popolazioni servite. La Regione Calabria, pur avendo recepito con legge regionale 10/97 la legge Galli e stipulato l’accordo di programma sul ciclo integrato delle acque nell’anno 1999, ha maturato notevoli e colpevoli ritardi che stanno provocando gravi danni al processo di riorganizzazione, di innovazione ed ammodernamento, teso a dare ai cittadini un servizio di qualità, efficiente ed efficace. A fronte di tutto ciò, occorre approfondire e chiarire il problema delle tariffe sia per quanto concerne la fornitura di acqua a livello di soprambito sia a livello di Ato tenendo conto delle normative in vigore, della qualità del servizio offerto e delle diverse condizioni sociali dei cittadini, soprattutto di quelli meno abbienti.

Alcune proposte:

a) il riconoscimento effettivo come diritto umano - universale, indivisibile ed imprescrittibile - dell'accesso all'acqua potabile nella quantità e qualità considerate necessarie ed indispensabili per la vita. L'Oms (ad esempio) fa riferimento a 50 litri al giorno per persona.

b) l'adozione del principio che i costi relativi all'accesso all'acqua potabile come diritto umano debbono essere presi a carico della fiscalità generale e specifica. L'adozione di tariffe speciali per certe fasce disavvantaggiate della popolazione deve essere considerata una soluzione parziale e provvisoria;

c) il governo pubblico dell'acqua significa il governo di tutte le acque.

d)dare la priorità ad una politica di risparmio, di uso sostenibile e di riuso delle acque, mirando a promuovere una cultura della gestione delle acque centrata sulla manutenzione e l'ammodernamento permanente graduale, anziché continuare sulla via delle grandi opere idriche, dei grandi sistemi idrici e, quindi, dei grandi investimenti che hanno largamente dimostrato finora di essere soprattutto fonte inevitabile di sprechi, di ritardi, di corruzione, di inefficienze dovute al gigantismo dei sistemi, di trasferimento di potere alle imprese costruttrici ed al capitale privato
e) tagliare i fondi per le spese militari a favore dei beni necessari come l’acqua per garantirne gratuitamente l’accesso.



Coordinamento per l'unità dei comunisti - Cosenza

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