martedì 24 luglio 2007

Regione Calabria: un altro mondo è ancora possibile?

Le continue vicende giudiziarie che in Calabria stanno coinvolgendo politici, imprenditori e forze dell’ordine, mettono a nudo il carattere trasformistico della politica regionale degli ultimi 20 anni.
In un quadro sociale drammatico, in cui la criminalità diventa fattore di ammortizzatore sociale, appare sconcertante la continuità delle politiche di precarietà e massacro sociale che questo Governo regionale sta imponendo alla popolazione calabrese.
Al di là delle responsabilità che dovranno essere accertate, è ammissibile l’estraneità della politica della Giunta dai problemi reali a fronte di un incancrenito intreccio politico-affaristico-mafioso?
Una "inquietante commistione" tra massoneria, affari, politica, alti esponenti delle istituzioni "di ogni genere e specie"; "intrallazzi", "questioncelle", "pizzi" e "tangenti": è questo il criminale intreccio di cui attualmente è protagonista la regione Calabria e che vede coinvolti politici del "centro-destra" e del "centro-sinistra", imprenditori, ex piduisti, boss mafiosi, alti ufficiali delle "forze dell'ordine" e prelati del Vaticano.
Giorno dopo giorno la degenerazione del sistema politico calabrese assume sempre più un carattere irreversibile all’emergere delle varie inchieste. Sanità, infrastrutture, fondi Ue, economia sommersa: qualunque settore in questa regione generi profitto, è soggetto a speculazioni, truffe e collusioni tra malavita organizzata e classe politica.
Dagli 864 milioni di euro sperperati in Calabria negli ultimi dieci anni per costruire decine di depuratori e impianti per rifiuti poco funzionati o mai collaudati che hanno portato la magistratura ad ipotizzare l’esistenza di questa sorta di ’superloggia segreta’ specializzata nel controllo del denaro che scende a pioggia sull’asse Bruxelles-Roma-Catanzaro, all’inchiesta “Why Not”: una società di lavoro interinale aderente alla Compagnia delle Opere, che ora è diventata centrale nell’istruttoria sulla presunta Cupola segreta e nella quale risulterebbe indagato anche il presidente del Consiglio dei Ministri Romano Prodi . La Why Not riceve commesse milionarie dalla Regione, occupa 500 persone e ne distacca ben 146 nelle segreterie di partito e negli assessorati.
Ed ancora, dall’ “Operazione Omnia”, che ha portato alla luce un inquinato circuito finanziario nella Sibaritide, in cui la cosca dei Forastefano di Cassano allo Ionio, applicava tassi usurai del 100% annuo a commercianti e grossi imprenditori con un guadagno di svariati milioni di euro all’anno, all’inchiesta sull’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria che ha accertato come le principali cosche della fascia tirrenica reggina e vibonese avevano messo le mani sugli appalti per i lavori di ammodernamento sia estorcendo il 3% del valore dei lavori -la cosiddetta tassa "sicurezza cantiere" versata dalle imprese appaltatrici dei lavori-, sia imponendo il ricorso a società di riferimento per la fornitura di materiale e servizi. Un affare da svariate decine di milioni di euro.
Probabilmente è arrivato il momento di chiedersi che senso ha definirsi “sinistra” quando si è direttamente e indirettamente complici di un sistema legato ai poteri forti e oscuri di questo nostro Mezzogiorno.
Le forme di precarietà, in tutti i settori, sono il prodotto di scelte volute da chi gestisce il potere e vuole ad ogni costo tenere sotto continuo controllo – anche attraverso il ricatto elettorale – la gran parte della popolazione che non riesce a soddisfare i propri bisogni primari.
Sarebbe opportuno esprimere un forte dissenso anche nei confronti di quell’elettorato borghese che nei fatti sostiene, a vantaggio dei propri interessi, una classe politica rampante e senza scrupoli.
Il perpetuarsi di questo sistema di potere è garantito, inoltre, dall’omologazione degli intellettuali alle attuali politiche dominanti che inibiscono oggettivamente la capacità critica e culturale della gente comune.
Si discute di un Piano Sanitario che, oltre a tagliare il 60% dei fondi alle strutture sovvenzionate - con il conseguente rischio di centinaia di licenziamenti - non garantisce il potenziamento delle strutture pubbliche ma tende all’ abbandono di queste per la costruzione di nuovi ospedali (vedi Ospedale di Vibo Valentia).
Cosa comporta tutto ciò?
Assegnazioni di appalti per la costruzione, per le forniture di impianti e servizi, assunzioni clientelari, mazzette etc etc.
Il 5 agosto del 2006 nell'ambito della legge finanziaria regionale è stata approvata dal Consiglio Regionale una norma (art. 29, comma 4, della legge regionale n. 7 del 21 agosto 2006) che impedisce la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria (BURC) degli atti - e dei conseguenti impegni di spesa - relativi alla Giunta ed alla presidenza del Consiglio Regionale. Un provvedimento che, oltre a calpestare i principi costituzionali della trasparenza e della partecipazione del cittadino alla pubblica amministrazione, vuole nascondere i misfatti e l’ambiguità della disciplina regionale.
I lavoratori precari Lsu e Lpu in Calabria sono circa 8000 e continuano a ricevere con forte ritardo le proprie spettanze e a non avere risposte sulla propria stabilizzazione. Risposte che tardano ad arrivare sia dal governo nazionale, sia dal governo regionale.Ancora oggi non viene sciolto il nodo sulle risorse previste in finanziaria sulle loro stabilizzazioni. Tutto ciò a dimostrazione di come la questione Lsu e Lpu non sia fra le priorità assolute della giunta regionale, né del governo Prodi sulle questioni del Mezzogiorno.
E’ doveroso sollecitare l’elettorato “sano” affinché si ponga fine agli appelli di sindacati e amministratori sulla concertazione; la Calabria è oramai una regione persa, al collasso che ha davanti a sé le prospettive peggiori che si possano immaginare, finchè questa classe politica calabrese continuerà ad alternarsi sulle poltrone del potere.
Bisogna liberarsi dalla demagogia attuata nei confronti delle persone oneste per dire basta a tutte le espressioni clientelari che chiudono le porte al futuro delle giovani generazioni e dei disoccupati che abbandonano terra e affetti per trovare sistemazione all’estero o per continuare a fare i precari nel nord-Italia.
Chiedere le dimissioni della Giunta Loiero e dell’intera classe politica calabrese è un atto dovuto di civiltà e di cambiamento da parte di chi vive e di chi chiede un futuro in questa Regione.
La “vera sinistra” dovrebbe rompere con i rappresentanti dei poteri forti ed elaborare un programma che, partendo dai bisogni reali delle classi economicamente più deboli, concretizzasse le aspettative e le speranze di larga parte della popolazione meridionale.
La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario; un reddito minimo ai giovani disoccupati; casa e sanità garantite; la ripubblicizzazione dei servizi come l’acqua e l’abolizione del segreto bancario sono solo alcune delle proposte che dovrebbero essere rimesse al centro del confronto politico e delle vertenze di lotta.
Mai come adesso i comunisti calabresi e non solo devono muoversi in quest’ottica. Se non ora, quando?

Coordinamento per l’Unità dei Comunisti – Cosenza

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