sabato 23 gennaio 2010

La Calabria che non vogliamo

“A Rosarno, purtroppo, ha vinto la Calabria che non vogliamo. Quella che si alimenta di culture razziste e xenofobe, che vuole l’esclusione contro l’inclusione, che rifiuta il diverso e lo vede come una minaccia.

Ma ha vinto anche la cultura della subalternità e della prepotenza, di chi è forte con i deboli ma debole, di chi pensa che il lavoro è meno di una merce e neanche come tale va trattato. Hanno vinto quei poteri come la ndrangheta che hanno imposto un mercato del lavoro diventato vero e proprio schiavismo.

Etutto questo è avvenuto mentre lo Stato ha dispiegato tutta la sua forza repressiva non già per tutelare e difendere la vita e l’incolumità degli immigrati dai delinquenti che li hanno minacciati, sparati, sprangati e aggrediti, ma bensì ma per organizzare una deportazione di massa all’insegna della cultura dell’intolleranza che governa questo paese che trasforma le vittime in carnefici.

Quello che è avvenuto è conseguenza diretta della sconcertante e disumana politica fondata sui respingimenti degli immigrati e sull’introduzione del reato di clandestinità portata avanti dal governo Bossi-Berlusconi e personalmente dal ministro Maroni”. Ad affermarlo, in una nota, Michelangelo Tripodi, assessore regionale, nonché segretario regionale e responsabile del Dipartimento per il mezzogiorno del PdCI. “Siamo stati purtroppo tristi profeti di una situazione insostenibile e vergognosa – spiega Tripodi -.

Quello che è successo a Rosarno è di una gravità assoluta e sono assai gravi e pericolose per la democrazia e per la convivenza civile le dichiarazioni che in queste ore sono state rilasciate dal ministro Maroni e dagli esponenti del pdl che sono una vera e propria provocazione quando non finiscono per diventare un’incitazione alla violenza.”

Il ministro Maroni dovrebbe letteralmente vergognarsi, così come si devono vergognare tutti quei rappresentanti del governo Berlusconi e della vena secessionista della Lega Nord che stanno portando avanti un clima di odio e di razzismo diffuso in tutta Italia. Tutto quello che abbiamo vissuto drammaticamente in queste giornate di violenza è innanzitutto la conseguenza della legge Bossi-Fini con i suoi nefasti effetti.

E’ bene ricordare che gli immigrati di Rosarno e Gioia Tauro sono stati ridotti in schiavitù, costretti a lavorare nelle campagne 12-14 ore al giorno per due-tre giorni la settimana, con un salario giornaliero di 15/20 euro, costretti a vivere reclusi in vere e proprie baraccopoli senza alcuna benchè minima garanzia igienico-sanitaria. Una situazione di violenza e degrado che viola i diritti umani, frutto di una legge quindi decisamente inadeguata in materia. Una normativa che non riesce a contrastare la tendenza al lavoro nero e che non garantisce il permesso di soggiorno agli immigrati che denunciano la propria condizione di lavoro irregolare, incentivando così la clandestinità e tanto quanto di grave ne consegue anche in termini di sicurezza e di ordine pubblico”. “Una situazione,– afferma ancora Tripodi – che nulla a che vedere, per intenderci, con l’esempio di civiltà di cui sono protagonisti invece comuni come Riace che hanno aperto le porte agli immigrati, accogliendoli e sistemandoli nelle case sfitte e in alcune strutture pubbliche dei loro antichi borghi, avviando insieme ad un percorso lavorativo un sistema di accoglienza e integrazione che fa onore a tutta la Calabria e a tutta la nostra nazione”.

“Gli immigrati sono costretti, sottolinea Tripodi, a vivere tra l’incudine della ndrangheta e il martello del razzismo”.

“Ferma restando la condanna per quanto di violento è accaduto a Rosarno – conclude Tripodi - la problematica è forte e bisogna affrontarla di petto e una volta per tutte altrimenti si rischia grosso e non continuando a spargere il seme dell’intolleranza che una volta attecchito, come purtroppo come ci insegna la storia, è difficile da estirpare. Bisogna invece togliere dal dizionario l’equazione per cui immigrazione vuol dire criminalità, continuando a scaricare, così come sta facendo il Governo Berlusconi, il malessere generalizzato che si respira nel Paese sulle spalle degli extracomunitari identificati come il nemico da cacciare o da sfruttare.

Serve invece un forte impegno civile e politico che porti ad un cambiamento repentino di rotta, promuovendo una legge adeguata che tuteli diritti e doveri degli immigrati”.

Ufficio Stampa PdCI Calabria

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