giovedì 22 maggio 2008

report dell'assemblea di giorno 15 a Napoli

Giovedì 15 maggio si è tenuta a Napoli un affollata assemblea sulla "costituente" comunista.
Il dibattito è stato introdotto da Sergio Manes (Edizioni "La Città del Sole"), Luigi Izzo (Coordinamento per l'unità dei comunisti), Francesco Maranta (Pdci), Gianluigi Pegolo (L'Ernesto) e Marco Rizzo (Pdci). Il compagno Mauro Casadio (Rete dei comunisti) non è potuto essere presente per un malore.
Dalle relazioni introduttive e dal vivace dibattito sono emerse valutazioni e prospettive di lavoro sostanzialmente comuni.
La estromissione dei comunisti dal parlamento, seguita alle elezioni del 13-14 aprile, è una sconfitta gravissima non solo perché priva - per la prima volta dopo il ventennio della dittatura fascista - le classi subalterne di un potenziale strumento di contrasto delle scelte del capitale, ma perché rende ancora più difficile e pericolosa la deriva antidemocratica in atto su cui, invece, è manifesta la convergenza anche di forze "riformiste".
Per i diversi gruppi dirigenti dei partiti che ancora si richiamano al comunismo essa ha rappresentato una catastrofe perché li esclude dall´unico modo che essi ormai conoscono di "far politica". In realtà segna il loro completo fallimento e ha fatto emergere con crudezza limiti, contraddizioni ed errori accumulati negli anni. Costretti a restare fuori del parlamento ora essi debbono misurarsi concretamente con il modo - proprio dei comunisti - di far politica: tra le masse operaie e popolari. Ora dovranno dimostrare sul campo di saperne riguadagnare la fiducia con proposte concrete e classiste, conquistandone la direzione, imparando a subordinare alla lotta di massa anche l´uso delle assemblee elettive.
È un recupero difficile di identità e di ruolo, che richiede onestà intellettuale e politica, capacità di autocritica con leale assunzione delle responsabilità da parte di ciascuno, alla ricerca delle cause reali - vicine e lontane, occasionali e di fondo - del declino e della sconfitta, e non il tentativo di individuare capri espiatori salvifici del proprio ruolo.
La sconfitta ha provocato un autentico terremoto negli assetti dei partiti esistenti, ma, ad un tempo, al loro interno - e, soprattutto, fuori di essi - ha fatto nascere una nuova speranza di rinascenza. Di fronte al reale pericolo della completa estinzione dell´idea stessa di comunismo in una indefinita "sinistra", l´appello alla "costituente comunista" - al là dei rischi di soluzioni politiciste - è il segno e il possibile strumento della rinnovata speranza dei militanti.
E, tuttavia, rimane alto il pericolo di una soluzione gattopardesca, in cui tutto apparentemente cambia perché tutto resti immutato. L´approdo di questa speranza non può essere nella ricollocazione di gruppi dirigenti e in una diversa redistribuzione di pochi manipoli di militanti tra le organizzazioni esistenti, in una operazione, per di più, dichiaratamente finalizzata all´alleanza con la "sinistra".
All´ordine del giorno c´è ben altro. I partiti comunisti non si inventano con l´assemblaggio di sparuti gruppi di dirigenti e/o di militanti: si costruiscono con percorsi lunghi e faticosi, sulla base di una forte teoria della trasformazione sociale saldamente incardinata nei concetti marxisti, di una capacità propositiva che concretamente affronti i bisogni della classe, di un vasto legame di massa, con gruppi dirigenti capaci e coesi.
Occorrono, dunque, discontinuità netta con il passato e una sincera volontà di investire in questo progetto di unificazione dei comunisti capacità di analisi e di proposizione, la fiducia delle masse (tutta da riconquistare, ma non con vuote parole), il grande potenziale rappresentato dai giovani, dai lavoratori e dai tantissimi compagni che in questi anni si sono allontanati sfiduciati dalla militanza.
Ogni altro percorso è fasullo e destinato a sconfitte ancora più disastrose.
In primo luogo va posto con estrema chiarezza e senza possibilità di ulteriore equivoco che si tratta di riconquistare e ricostruire l´unità dei comunisti e non della "sinistra": le due questioni sono e vanno tenute nettamente distinte e, in questo momento assolutamente centrale è la questione comunista.
Si tratta di recuperare veramente la nostra identità teorica e politica, acquisendo - con esse - capacità propositiva e, dunque, il legame con la classe e con le masse. Si tratta di ritornare a concepire la politica come tutela e realizzazione di interessi di classe attraverso lo spostamento dei rapporti di forza nella società, e non come alchimia o pateracchio istituzionale. E si tratta - ancora - di formare nuovi gruppi dirigenti all´altezza del compito, tratti dalla classe lavoratrice e dalle nuove generazioni.
Tante, troppe, sono del resto le questioni che in questi anni i comunisti hanno letteralmente ignorato e che restano aperte e senza la cui comprensione e soluzione ogni sforzo sarebbe vano.
I tempi sono, quindi, necessariamente lunghi e il percorso difficile. E questo porta a concludere inevitabilmente che il processo costituente - che è nelle speranze dei compagni e che si sta oggi soltanto aprendo - non può essere certo pensato, finalizzato e concluso nei congressi del Prc e del Pdci.
Ma il solo lavoro in ambito politico e organizzativo non è sufficiente: esso deve essere affiancato e supportato da un serio lavoro di ricerca e di formazione (che sia la spina dorsale teorica dell´organizzazione che si vuol costruire), e deve essere integrato da un altro percorso di "costituente sindacale" che dia solide gambe di classe al progetto.
Non è realistico - e, per certi aspetti, neppure utile - immaginare che, d´incanto, il vecchio scompaia per lasciare posto al nuovo che è ben lontano dal poterne prendere il posto. Né è pensabile un lunga fase - difficilissima e con un avversario aggressivo - in cui lo scontro di classe sia lasciato esclusivamente allo sforzo generoso di iniziative spontanee e parcellizzate. Occorre, allora, individuare e praticare percorsi e modalità che possano realizzare al meglio possibile questa "transizione", finalizzando sinergicamente tutte le risorse e le opportunità, quelle già in campo, quelle da recuperare, quelle emergenti, quelle da suscitare.
Sul terreno politico-organizzativo è possibile dar vita a "Comitati per la costituente comunista", unitari e trasversali, che prescindano del tutto dalle appartenenze, connotati come organismi di inchiesta, di dibattito e di lotta, che realizzino la propria esperienza - senza presunzioni e burocratismi - prima di tutto in mezzo alle masse e con serie relazioni internazionaliste; strutture capaci di creare le condizioni sia per lo scioglimento di partiti, organismi e aree preesistenti, sia per la formazione di un´organizzazione unitaria dei comunisti e di nuovi quadri. Questi organismi debbono poter costituire la "terza gamba" su cui l'unità dei comunisti deve avviare e compiere il suo percorso. È stato, dunque, auspicato che i congressi del PRC e del PdCI si concludano con una esplicita apertura a questa prospettiva.
I compiti irrinunciabili di recupero del bagaglio teorico marxista, della ricerca, del dibattito, della formazione e dell´informazione possono essere affrontati costruendo un circuito culturale - autonomo ma collegato - di cui facciano parte biblioteche, archivi e centri di documentazione, case editrici, associazioni culturali, etc. su un progetto e un programma comuni.
La questione della costruzione di un sindacato di classe unitario, infine, non può che vivere e crescere a partire dal protagonismo operaio e di tutto il mondo del lavoro, inteso nella sua unitarietà - compresi, quindi, gli universi del precariato, della disoccupazione, dell´immigrazione - e nella sua "globalità": dunque, non avulso dalla condizione e dalle lotte dei lavoratori di altri paesi.
L'assemblea si è conclusa con alcuni concreti appuntamenti volti ad approfondire ulteriormente il dibattito e ad avviare concretamente questi tre percorsi paralleli.

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