martedì 9 novembre 2010

LUNGA VITA AL FILOROSSO.

C’è uno spazio sociale all’interno dell’Università della Calabria che in tempi come questi, di omologazione culturale berlusconiana e di apatia, rappresenta un’oasi nel deserto.
Stiamo parlando del Filorosso, un laboratorio politico-culturale che viene autogestito dal 1995. Proprio in coincidenza con il suo 15esimo compleanno, che verrà festeggiato nel mese di Dicembre con un concerto degli Après La Classe, il centro sociale rischia di chiudere.
Nonostante urgenti questioni inerenti l’ennesima riforma, i tagli al fondo di finanziamento ordinario, lo sciopero dei ricercatori, i disagi sulla didattica causati agli studenti, il Senato Accademico, organo politico dell’Università, non trova di meglio da fare che pianificare la demolizione del Filorosso, con relativa spesa annessa.
“Non ci sono i soldi per niente ma per distruggere le cose belle i soldi si trovano sempre” affermano dal Filorosso ed aggiungono: “Ci è stato detto che concerti e feste si possono fare al Piccolo teatro oppure all’Anfiteatro all’aperto, non considerando il fatto che un teatro con le poltrone di velluto non si presta ai concerti rock, punk, reggae, ska, di gran lunga i generi più ascoltati dagli studenti”.
Ma Filorosso non è solo il luogo delle feste e dello svago, è anzitutto “un laboratorio politico e culturale, portatore di memoria storica, di una forte identità e senso di appartenenza”. E in una terra come la Calabria, violentata dalla ‘ndrangheta, da una diffusa corruzione e, come i recenti fatti di cronaca dimostrano, da rigurgiti fascisti, non è cosa da poco.
Senza contare che la chiusura del Filorosso andrebbe a danneggiare ulteriormente gli studenti, ai quali oltre a non essere garantito il diritto di studio, non verrebbe garantito nemmeno il diritto alla socialità. Il diritto a studiare in condizioni ottimali ma anche il diritto a crescere come persone e cittadini attivi e consapevoli.
Tutto questo fa parte di un disegno molto più ampio di distruzione del pensiero critico. In particolar modo si cerca di zittire una parte del paese che ancora oggi non accetta compromessi e, coerentemente con il proprio percorso, non rinuncia a definirsi comunista. Come dimostrano i tagli all’editoria (il Manifesto è a rischio chiusura) o il fatto che, come denunciato dal segretario del PdCI, Oliviero Diliberto, i comunisti sono letteralmente scomparsi dal mondo dell’informazione televisiva.
Perciò bisogna dare massimo sostegno a tutte quelle realtà che continuano ad avere una visione critica sulla società, per non soccombere nel baratro dell’omologazione e costruire una realtà più giusta.
LUNGA VITA AL FILOROSSO!!!

Salvatore Schinello

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