martedì 16 ottobre 2007

Contro l’aziendalizzazione della scuola e dell’università. Contro la mercificazione della cultura. Per il diritto allo studio.

Il sistema universitario italiano, per come oggi strutturato ha assunto a tutti gli effetti la connotazione di un azienda, e ciò, anche per chi non vive organicamente in contatto col mondo accademico è comunque percepibile dalla terminologia utilizzata: gli studenti si trasformano in fruitori, l’insegnamento diviene un’offerta, i docenti e presidi, divengono dirigenti occupando sulla scala gerarchica posti di maggiore o minore “prestigio”. Inoltre l’invadenza delle aziende è ormai dilagante, queste divengono le principali sostenitrici finanziarie, sfornano soldi per ricerche (influenzando ad un senso l’impostazione delle stesse), sponsorizzano nuovi curricula di studi finanziati e gestiti indirettamente dalle grandi imprese (vedi a d esempio ingegneria dell’automobile a Torino finanziata dalla FIAT, ingegneria pneumatica a Milano voluta dalla Pirelli, scienze dell’alimentazione a Parma voluta dalla Barilla). Si tratta «non di istituti di cultura dove lo studente si forma nella crescita individuale e collettiva, sviluppando un sapere critico come metodo d’indagine del reale, bensì sono agenzie di formazione professionale dove la forza lavoro intellettuale viene addestrata a rispondere alle esigenze delle classi dominanti e del mercato»
Ciò che a tutti gli effetti si è ereditato dal mondo aziendale, è il senso di precarietà esistenziale che caratterizza studenti e ricercatori e alcune fasce di docenti, (quelli a contratto ad esempio) nonché quello stato di alienazione esistenziale derivante dall’impostazione che l’azienda-università ha oggi assunto.
Cosi come nell’azienda di impostazione fordista, l’operaio chino sulla catena di montaggio, è in contatto solo col pezzo meccanico da assemblare, senza la possibilità di entrare in relazione con gli altri operai che vivono la sua stessa condizione di marginalità e di sfruttamento salariale, e dunque viene annullata ogni possibilità di prendere coscienza collettivamente della propria condizione di sfruttati; allo stesso modo nell’università italiana di impostazione berlingueriana prima e morattina poi, l’università per come impostata, annulla ogni possibilità di coesione e aggregazione studentesca, gli strumenti dei test di selezione, i concorsi per le borse di studio producono tra lo studentato un conflitto tra chi potrà favorire di determinati servizi (mense, trasporti, alloggi, libri) e chi invece verrà tagliato fuori, tra chi potrà frequentare i corsi e la facoltà desiderata e chi invece dovrà iscriversi altrove, e dunque indirettamente si produce il risultato di evitare che gli studenti possano coalizzarsi e prendere coscienza della propria condizione di proletarizzazione.
Nell’attuale sistema universitario con il 3 + 2, lo studente non vive la propria esperienza formativa al fine di apprendere nuovi saperi e conoscenze, ma al contrario questa è tesa a superare i moduli didattici e ottenere i crediti formativi che permettono di superare l’anno, di ottenere borse di studio, di poter conseguire nuovi moduli. Il numero chiuso per accedere al corso di studi, i test d’ingresso, la didattica modulare, non fanno altro che incentivare quell’ individualismo più esasperato, valore centrale dell’attuale società del consumismo, nonché produrre quotidianamente quelle selezioni tra chi può e chi non può, tra chi vale e chi non vale, tra chi entra e chi verrà lasciato fuori. Anche l’Università della Calabria, nata negli anni 60 come input per lo sviluppo socio-culturale, economico e produttivo (almeno si sperava) della Calabria, come elemento per cercare di arginare l’emigrazione allora (e ancora oggi) dilagante di lavoratori e studenti, come fonte occupazionale, ha deluso le attese e finalità per le quali era nata.
Proprio in questo momento in cui leggiamo questo volantino oltre 3000 (se non più) ragazzi verranno lasciati fuori dall’università della Calabria. Alcuni esclusi in base al voto del diploma superiore, ad altri si fornirà la falsa speranza di potercela ancora fare “basta affrontare e superare il test di selezione”, o comunque aspettare ad ottobre le surroghe. Molti perderanno un anno nel loro percorso di studio, o emigreranno in altre regioni per poter studiare, il che comporterà lo spopolamento dei nostri territori, la fuga dei intere generazioni, e un peso non indifferente per le famiglie degli studenti in quanto il costo della vita in una città come Bologna, Milano, Roma è del tutto differente rispetto ad Arcavacata o Roges. Famiglie dovranno indebitarsi, ricorrere a prestiti,( statistiche evidenziano come le fasce più colpite da questi problemi sono generalmente quelle mono reditto) per poter garantire quel diritto allo studio, che sulla Carta costituzionale dovrebbe essere garantito a tutti, senza distinzioni, e in eguali diritti, ma che in pratica è negato ad una fetta non irrilevante di studenti.
A tal fine proponiamo una piattaforma di lotta basata sulle seguenti rivendicazioni:
• Erogazione un sostegno al reddito (pre-salario) per gli studenti meno abbienti, per permettere loro il conseguimento della laurea;
• Abolizione della vergognosa tassa regionale per il diritto allo studio: i costi di quest'ultimo devono ricadere sulla fiscalità generale, e non sugli studenti!;

• Difesa e rilancio dei servizi tuttora esistenti; urgente costruzione e attivazione di nuovi punti ristoro e case dello studente laddove questi siano stati chiusi a causa della gestione scellerata degli E.di.s.u.

• Garanzia di un servizio di trasporto pubblico e gratuito per gli studenti proletari, attraverso un aumento dei fondi comunali e regionali destinati alle agevolazioni;

• Rifiuto di qualsiasi misura tendente alla selezione di classe: no ai numeri chiusi, no agli sbarramenti in termini di crediti formativi per l’accesso agli anni successivi, no a qualsiasi forma di esclusione dall’accesso ai corsi di laurea specialistica;

• Gestione pubblica degli stages formativi e rilancio della spesa statale per la ricerca attraverso un’accentuata progressività delle imposte.


I SOLDI CI SONO: PRENDIAMOLI DALLE TASCHE DI CHI NON HA MAI PAGATO.

Unità Comunista - Vibo Valentia

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