sabato 7 marzo 2009

Ariel Sharon non deve morire!

Scritto da Francesco Fumarola

Ariel Sharon ha compiuto ottantuno anni il 27 Febbraio scorso. E non lo sa. In coma dal 4 Gennaio 2006 per un’emorragia cerebrale, solo la moderna scienza medica riesce a tenerlo ancora in vita.
E’ troppo lontano il 16 Settembre 1982, quando l’allora baldanzoso Ministro della Difesa di Sion diede l’ordine di illuminare a giorno i campi profughi di Sabra e Shatila, alla periferia di Beirut, permettendo ai falangisti cristiani di fare una strage di civili palestinesi e libanesi. Quella volta Sharon si guadagnò sul campo il disprezzo del partigiano Sandro Pertini, che di lui disse: ““il responsabile dell'orrendo massacro è ancora al governo in Israele. E quasi va baldanzoso di questo massacro compiuto. E' un responsabile che dovrebbe essere bandito dalla società". Parole inascoltate.

Eppure, a differenza degli oltre 3000 civili straziati di Sabra e Chatila (per i quali il Washington Post, il 20 Settembre 1982, scrisse: “la scena nel campo di Shatila, quando gli osservatori stranieri vi entrarono il sabato mattina, era come un incubo. In un giardino, i corpi di due donne giacevano su delle macerie dalle quali spuntava la testa di un bambino. Accanto ad esse giaceva il corpo senza testa di un bambino. Oltre l'angolo, in un'altra strada, due ragazze, forse di 10 o 12 anni, giacevano sul dorso, con la testa forata e le gambe lanciate lontano. Pochi metri più avanti, otto uomini erano stati mitragliati contro una casa. Ogni viuzza sporca attraverso gli edifici vuoti - dove i palestinesi avevano vissuto dalla fuga dalla Palestina alla creazione dello Stato di Israele nel 1948 - raccontava la propria storia di orrori. In una di esse sedici uomini erano sovrapposti uno sull'altro, mummificati in posizioni contorte e grottesche” ), a nessuno è concesso di vedere la morte che si fa spazio sul viso di Sharon. Nessuno può avvicinarsi alla sua stanza d’ospedale: sorvegliata giorno e notte dal Mossad, assomiglia ad un fortino inespugnabile.

Forse suda freddo Sharon oppure, chissà, adattando a Sharon ciò che suor Albina ha detto per Eluana Englaro (“qualche volta muove gli occhi, soprattutto se le parla suor Rosangela , non si riesce a capire se comprende, ma io penso di sì, anche se clinicamente dicono di no”), possiamo immaginare il vecchio pachiderma ribellarsi alla condizione persistente di chi è costretto a rimanere chiuso dentro una stanza di pochi metri quadri, manco fosse una delle tante centinaia di migliaia di palestinesi che lui stesso ha fatto recintare con un Muro lungo centinaia e centinaia di chilometri.

Forse Sharon è davvero cosciente ed ha paura. Come ne avevano i bambini innocenti, le donne e gli uomini di Gaza che il mese scorso, per 23 giorni consecutivi, il suo successore Olmert ha fatto dilaniare con bombe pesanti, ad implosione, silenziose ed al fosforo.

O forse è semplicemente triste l’ex macellaio di Sion, ora ridotto ad un ammasso di rottami umani del peso di 50 kili, perché non potrà più attraversare spavaldo, come fece nel 2000, la spianata della moschee di Gerusalemme, scatenando l’ira dei palestinesi e la seconda intifada.

Anche se i medici sono stufi di dover tenere forzatamente in vita un paziente che se non fosse così ingombrante sarebbe già morto, la famiglia ed il 72% degli israeliani (che lo ringrazieranno sempre per i servigi resi al popolo “eletto” da Jahvè) tengono duro e chiedono che le cure mediche non si interrompano.

Non c’è nulla di male nel volere che Sharon stia ancora un altro po’ in coma. Molto probabilmente è ciò che pensano anche molte di quelle famiglie palestinesi che per colpa sua hanno subito lutti e versato lacrime. Stessa idea per i politici baciapile nostrani, come il Ministro ex Socialista Sacconi, l’ex radicale Capezzone, ora portavoce di Forza Vaticano, il Presidente Berlusconi (che probabilmente sta pensando a Sharon come ad un amico affettuoso che ancora può avere un’eiaculazione e perciò stesso ha il diritto di essere curato), o come il Cardinale Javier Lozano Barragan, presidente del Pontificio consiglio per gli operatori sanitari per la Pastorale della salute, che in questi giorni è tornato ad attaccare Beppino Englaro: "Abbiamo un comandamento, il quinto, che dice di non uccidere. Chi uccide un innocente commette un omicidio e questo è chiaro. Se Beppino Englaro ha ammazzato la figlia Eluana allora è un omicida".

Per tutti questi motivi e tanti altri ancora, ci associamo al 72% di israeliani ed alla famiglia di questo sionista criminale di guerra. Non uccidete Sharon.

Ariel Sharon non deve morire!

Francesco Fumarola, 1 Marzo 2009

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