sabato 7 marzo 2009

Quando sentirsi male sarà il preludio per stare ancora peggio

Se ho capito bene (ma vorrei che così non fosse!), la xenofobia istituzionalizzata di questo paese ha sancito: che i medici denunceranno gli immigrati clandestini, i clochard (termine che mi fa impazzire perché serve semplicemente a far sembrare le cose più belle… credo si tratti di un meccanismo di difesa dell’area psicotica!) verranno schedati e si potranno fare le ronde (quindi camerati: avete sempre avuto la copertura, ma ora è proprio ufficiale, immagino siate già in strada a festeggiare!) Non intendo certo offendere l’intelligenza e l’acume di nessuno, perciò non vi farò notare una certa assonanza con quelle leggi eccezionali (“leggi fascistissime”) del ’25- ’26… Le minacce al diritto alla salute, in questo paese, non sono certo nuove, e già in passato si sono intrecciate con le dimensioni di moralismo, potere cattolico, razzismo e valori fascisti. L’altro, il diverso da noi, lo sfruttiamo nei cantieri, nelle campagne, nelle fabbriche. Se poi ci fa comodo lo additiamo per un crimine qualsiasi, perché è un capro espiatorio ideale.

Come i recenti fatti di cronaca dimostrano, egli diventa persino vittima di rappresaglie, che noi abbiamo appena legalizzato e, se qualcosa ho imparato, è che legalizzare la violenza comunica che la violenza è la risposta da utilizzare nelle più disparate situazioni. L’emendamento che oggi è stato approvato ha un potere disintegrante di cui bisogna rendersi conto: il problema non è del medico, come abilmente i telegiornali ci stanno facendo credere, per distogliere lo sguardo, focalizzando l’attenzione su come sceglieranno di comportarsi; il problema è di chi, partendo già dalla posizione di colui che non può scegliere come curarsi, a causa di un insieme di condizioni economiche e sociali che lo pongono in svantaggio, finisce col trovarsi nella posizione di scegliere, forzatamente, di non curarsi.

Quest’emendamento foraggerà un “mercato nero” delle cure. Per il terrore di incappare in una spia col camice bianco, queste persone non ricorreranno più agli strumenti sanitari legali, ma diventeranno carne da macello. Inoltre, fruire dei mezzi deputati alla cura, vuol dire fruire della possibilità di star bene, che vuol dire star bene nel nostro paese. La condizione di chi è “straniero” è tutt’altro che facile: occorre mobilitare tutte le risorse di cui la persona dispone per trovare le strategie più efficaci per affrontare il nuovo contesto. Già questo dovrebbe bastare a pensare delle modalità idonee di prendersi cura di queste persone e della loro salute, facendo sì che possano trovare una risposta costruita sulla dimensione dell’accoglienza,della reciprocità e delle uguali opportunità, e non su quella dell’aggressione e della persecuzione.

E se volessimo andare a fondo del comportamento schizofrenico delle istituzioni, dovremmo sottolineare la scissione messa in atto quando prima si nega ad Eluana il diritto di morire, portando come argomentazione, oltre ai soliti baluardi del cattolicesimo, che ricevere le cure è un diritto, poi, migliaia di persone sembra quasi che si ritrovino ad avere il dovere di morire, e subito l’argomentazione del diritto alla cura è resa silente. Le persone non hanno solo diritto alle cure, hanno diritto alla salute, un diritto che purtroppo è attualmente negato a tutti, indistintamente.

Salute vuol dire che devono essere create le condizioni non solo per l’assenza di malattia, bensì per il benessere, che non è solo psicofisico, ma anche sociale. E ciò vuol dire avere una casa, un lavoro dove non sei sottopagato o costretto a turni massacranti e dove, soprattutto, non trovi la morte; vuol dire avere accesso all’istruzione, ai servizi, alle risorse del territorio. E noi che risposta diamo? Creiamo le condizioni per mettere queste persone in posizione sempre più marginale.

In questo stesso quadro si inserisce, inoltre, un ulteriore messaggio di repulsione che stiamo dando a queste persone: la tassa per il permesso di soggiorno passa da 80 a 200 euro. Che tradotto vuol dire: speriamo che non ce li hai, così ti rispediamo da dove vieni , e se paghi servirà a non farti sentire un cittadino, ma uno che l’identità non ce l’ha e se la deve comprare e su cui, giacchè ci siamo, ci speculiamo. E adesso che li abbiamo svuotati dei più elementari diritti e li abbiamo svuotati del loro senso di identità come esseri umani, cosa saremo capaci di fare ancora? Nulla mi stupisce ormai, né provo amarezza per un paese che sta riproponendo i suoi decenni peggiori, solo per una cosa continuo ad indignarmi: gli stiamo permettendo di fare tutto ciò.

Pamela Strafella, 6 Febbraio 2009

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