mercoledì 22 luglio 2009

contro il decreto "sicurezza"

Con l’approvazione del ddl 733, il decreto cosiddetto “sicurezza”, si è compiuto
un ulteriore passo verso la barbarie. Il disegno di legge introduce con le sue
norme un vero e proprio sistema di esclusione sociale, una sorta di apartheid, e
per questo non può che essere definito una legge razzista.
I diritti smettono di essere tali per diventare altro, nella migliore delle ipotesi
concessioni, e gli immigrati diventano oggetti in balia di ogni arbitrio. Sarà
infatti lo status di immigrato a determinare il godimento o meno del diritto.
In questo modo cittadini che vivono nello stesso Paese non saranno tutti uguali di
fronte alla legge né godranno delle stesse garanzie.
La Costituzione diventa così carta straccia.
L'intento persecutorio del Ddl è del tutto evidente e comporterà la conseguenza
per gli irregolari di non iscrivere a scuola e di non registrare all'anagrafe i propri
figli, di non rivolgersi al medico in caso di malattie. Il pubblico ufficiale
nell'esercizio delle sue funzioni sarebbe infatti costretto, con l'introduzione di
questo reato, a denunciarli.
In questo modo a vincere sarà l’illegalità e la clandestinità.
I Comunisti italiani non possono accettare tutto questo.
Lanciamo una campagna di controinformazione e chiediamo a tutti i democratici,
ai cittadini, agli uomini e donne di cultura, alle associazioni e ai partiti
antifascisti e schierati in difesa della Costituzione, di trovare intorno ad una
battaglia contro questa legge le ragioni di una unità in difesa del diritto e della
democrazia.
Appoggiamo e facciamo nostra l’iniziativa di disobbedienza civile dal titolo
“porte aperte”, lanciata dall’Arci, in cui i circoli della grande associazione
ricreativa nazionale ospiteranno i migranti sottraendoli alla persecuzione del
razzismo di Stato. Chiedendo ai nostri compagni di fare altrettanto con i nostri
circoli e le nostre sezioni. Ci impegniamo a promuovere nel prossimo mese di
settembre una mobilitazione diffusa nelle forme più unitarie possibili,
dialogando in primo luogo con le comunità di cittadini stranieri presenti nel
nostro Paese.

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