sabato 22 marzo il signoe Matteo Malerba rilascia un'intervista alla stampa locale dove attacca l'amministrazione provinciale dimenticando di esserne stato assessore negli ultimi 4 anni.
ecco la nostra risposta:
Abbiamo letto con stupore e meraviglia l’intervista rilasciata dal signor (e non compagno da ormai tanto tempo) Malerba e ci siamo resi conto ancora di più di quanto è caduta in basso la sinistra a Vibo Valentia.
Ma si può avere così tanta assenza di vergogna?
Non c’è limite all’indecenza, un personaggio in continua ricerca d’autore (e di poltrone) che dimentica tutto quello che è accaduto nell’amministrazione provinciale negli ultimi 4 anni e tutto quello che è accaduto nel SUO partito. Proprio noi, quando ancora facevamo parte dei Giovani Comunisti, avevamo denunciato pubblicamente i metodi clientelari degli apparati di potere della giunta provinciale (22 marzo 2007 sulle pagine del quotidiano) con voto favorevole proprio del signor Malerba e per tutta risposta abbiamo avuto solo epurazioni.
Ma è vero siamo in campagna elettorale e tutto è lecito, perfino criticare una giunta in cui si è stati in silenzio per 4 lunghi anni avallando ogni sua scelta e senza porre nemmeno una critica ed è ancora più comodo aspettare le elezioni per dire che “noi non ci siamo sporcati le mani” lasciando intendere che qualcuno le mani se le è sporcate ma non i duri e puri come lui. E che dire della situazione dell’ambiente nella nostra provincia? Secondo l’ex assessore è tutto migliorato ma basta dare un’occhiata all’acqua del mare in periodo estivo per capire che chi scaricava i propri rifiuti in maniera abusiva in mare continua tranquillamente a farlo e senza nessun controllo, ma ci potrà benissimo rispondere che questo è un compito che spetta ai comuni e non ad un semplice assessorato provinciale e si capirebbe perciò la perfetta inutilità di questo compito e dell’ente provincia in generale, che dal nostro semplice punto di vista andrebbe abolito in quanto ente predisposta solamente a elargire favori e a sperperare denaro pubblico….ma questa è tutta un’altra storia.
Forse dovremmo ricordare all’ex assessore di come ha avuto l’incarico? Che è stato frutto di un accordo personale e non politico?
Ma non finisce qui; il signor Malerba riferisce che lui non è il partito e nemmeno Daniele eppure a noi risulta l’esatto contrario e fanno fede anche i risultati, tangibili agli occhi di tutti, raggiunti dal SUO partito, scarsa presenza sul territorio, nessuna iniziativa politica, nessun segno nemmeno di un semplice volantino, circoli chiusi o presenti solo sulla carta con tanto di iscritti fantasma, scarso senso della democrazia interna con relativo spirito d’inventario dello statuto, dibattito nullo a tutti i livelli, decine e decine di compagni che hanno abbandonato il partito denunciando proprio i malesseri sopra elencati, per non parlare di tutti i trasformismi eseguiti dal signor Malerba nel corso di questi anni (ma non solo da lui). Una cosa vera l’ha detta e cioè che ci sono ancora dei compagni in gamba all’interno del SUO partito, dei sinceri comunisti, e speriamo che si rendano conto presto che di comunista in quel partito è rimasto solo il simbolo…..pardon, nemmeno quello, ora c’è l’arcobaleno con una piccola macchia rossa in una miriade di colori.
Grazie, Matteo, un grazie di cuore da tutti i compagni.
martedì 25 marzo 2008
sabato 22 marzo 2008
STAVOLTA NON SI VOTA!!!!
Lavoratori e proletari non hanno nessuno che li rappresenta: dunque non hanno nessuno per cui votare
Dopo un anno e mezzo di lavoro sporco al servizio di padroni, banchieri, gendarmi e parassiti di ogni risma, il governo Prodi è caduto: non ne sentiremo la mancanza, così come non la sentiranno milioni di uomini e donne, lavoratori, pensionati e famiglie ridotti quasi alla fame e impossibilitati ad arrivare neanche alla terza settimana a causa di un decennio ininterrotto di attacchi allo stato sociale, finanziarie lacrime e sangue, licenziamenti e soprattutto precarietà del lavoro, del reddito, della vita.
Avremmo al contrario fatto volentieri a meno di una campagna elettorale quale quella che si è aperta nelle ultime settimane.
Una vera e propria farsa imperniata sulla figura di due squallidi commedianti, Veltroni e Berlusconi, e dei loro rispettivi carrozzoni elettorali, PD e PdL, oramai concordi su tutto, in quanto entrambi ansiosi di aggiudicarsi, a colpi di spot pubblicitari e strategie di marketing, il ruolo di zerbino dei padroni e delle lobby affaristico-massonico-clericali che occultamente muovono i fili della politica parlamentare.
Due partiti-fotocopia di tal fatta non possono che essere destinati a governare insieme: ciò anche nel caso in cui uno dei due dovesse formalmente stare all’opposizione nelle aule parlamentari.
Dunque, per chi vive del proprio lavoro, per quelli a cui il lavoro è negato, per chi è costretto ad elemosinare spezzoni di lavoro con ritmi schiavistici e paghe da fame, si profila all’orizzonte un mostro a più teste: il mostro del padronato unito sotto le insegne del duopolio PdL-PD!
Alla periferia dei due principali azionisti del “mercato elettorale” (come oramai, senza un minimo di pudore, lo definiscono giornali e mass media) vivacchiano cespugli e cespuglietti vari, prima sedotti e poi abbandonati: a destra gli impresentabili fascisti di Storace e della aristocratica Santanchè, al centro la premiata ditta dei nostalgici della DC guidati da Casini, Pezzotta e Tabacci, a “sinistra” (del PD), la melma informe dell’Arcobaleno targato Bertinotti- Pecoraro Scanio- Diliberto- Mussi, ovvero un’accozzaglia di personaggi in cerca d’autore (e di poltrone) tra cui si distinguono i leader dei due partiti (ex)comunisti, che arrivano al punto di dismettere il simbolo della falce e martello pur di candidarsi ancora una volta, nel caso ce ne fosse bisogno, a ruota di scorta di Veltroni e compagnia.
Tra marche e sottomarche, non c’è spazio per alcuna alternativa: tutti i contendenti alle prossime elezioni sono, chi più chi meno, prodotto di un sistema corrotto e marcio quanto la monnezza che, a causa loro, giace da mesi sulle strade della Campania!
Intanto sui luoghi di lavoro si continua a morire al ritmo di cinque operai al giorno, grazie proprio a quelle leggi precarizzanti messe in piedi da centrodestra e centrosinistra; milioni di famiglie non arrivano alla terza settimana poiché ai prezzi saliti alle stelle fanno da contraltare salari sempre più da fame; milioni di giovani subiscono il perenne ricatto di dover scegliere la schiavitù del precariato come unica alternativa alla disoccupazione.
Per i movimenti e per la sinistra di classe tutta, questa farsa avrebbe reso necessaria una presa di posizione chiara e netta agli occhi di tutto il paese.
Ci saremmo aspettati che tutte le forze genuinamente antisistema, partendo dal malcontento montante in settori consistenti di operai, precari e semplici cittadini, facessero un ragionamento semplice: non spetta a noi decidere chi dovrà sfruttarci, ucciderci, intossicarci nei prossimi cinque anni, dunque queste elezioni se le facciano loro!
Purtroppo invece, mentre simili posizioni vengono lasciate in balia del populismo e dei vaffanculo grilliani, da più parti è scattata una folle gara per raccogliere le briciole cadute dalla tavola di Rifondazione e del PdCI.
Così ecco un proliferare di liste e listarelle comuniste, anticapitaliste, di classe, di alternativa, e chi più ne ha più ne metta: qualcuna di queste, come nel caso di Sinistra Critica, addirittura sostenitrice di Prodi fino a qualche settimana fa (per poi improvvisamente convertirsi all’opposizione anticapitalista!): liste tanto ambiziose nei proclami quanto autoreferenziali nei fatti, e destinate inevitabilmente a dar vita a una surreale competizione “in famiglia” all’insegna dello zero virgola qualcosa in più o in meno.
Da proletari, da comunisti, da anticapitalisti conseguenti ci dichiariamo programmaticamente fuori da questi siparietti autolesionisti: non abbiamo altra scelta se non quella di non legittimare questa farsa, quindi non andare a votare o, comunque, annullare la scheda!
E ciò non in nome di un astensionismo “per principio” (sterile ed innocuo quasi quanto l’elettoralismo) bensì in base a un elementare schema di priorità. Avremmo potuto anche noi raccogliere un manipolo di firmette e gettarci nella mischia, non ci vuole poi molto…
Preferiamo invece partire da un compito ben più arduo: lavorare alla ricomposizione delle avanguardie di classe atomizzate e disperse sui territori e nei luoghi di lavoro, riattivarle dopo decenni di delusioni e tradimenti; ricreare quelle forme di collegamento e di organizzazione cancellate dalle nuova organizzazione del lavoro e dei nuovi tempi dettati dal dominio capitalistico;
Preferiamo lavorare a un unico partito, comunista e di classe, e non ad alimentare la già abbondante pletora di improbabili partitini “dalla giusta linea”, ognuno in guerra col vicino;
Preferiamo lavorare, con la classe e nella classe, nelle lotte e nei conflitti, a un vero blocco autonomo di classe inteso come espressione dei settori proletari più combattivi e radicali: non certo a rincorrere i tempi e le modalità della politica borghese.
Attraverseremo questa campagna elettorale, e se necessario la utilizzeremo, per promuovere e diffondere le nostre campagne politiche e sociali contro il carovita, la precarietà, lo sfruttamento, la guerra, la repressione, e diamo sin da ora appuntamento a dopo il 14 aprile all’intera sinistra di classe per avviare una discussione a 360 gradi, scevra da ansie elettoraliste e cretinismi parlamentari, e finalizzata a dar vita a un movimento costituente comunista e di classe adeguato alle sfide e ai compiti del nuovo secolo ma al tempo stesso fermamente ancorato all’idea che il comunismo rappresenti ancor’oggi l’unica reale alternativa alla barbarie del capitalismo, e il partito comunista l’unico strumento utile a conseguire questo obiettivo.
associazione Unità Comunista
Dopo un anno e mezzo di lavoro sporco al servizio di padroni, banchieri, gendarmi e parassiti di ogni risma, il governo Prodi è caduto: non ne sentiremo la mancanza, così come non la sentiranno milioni di uomini e donne, lavoratori, pensionati e famiglie ridotti quasi alla fame e impossibilitati ad arrivare neanche alla terza settimana a causa di un decennio ininterrotto di attacchi allo stato sociale, finanziarie lacrime e sangue, licenziamenti e soprattutto precarietà del lavoro, del reddito, della vita.
Avremmo al contrario fatto volentieri a meno di una campagna elettorale quale quella che si è aperta nelle ultime settimane.
Una vera e propria farsa imperniata sulla figura di due squallidi commedianti, Veltroni e Berlusconi, e dei loro rispettivi carrozzoni elettorali, PD e PdL, oramai concordi su tutto, in quanto entrambi ansiosi di aggiudicarsi, a colpi di spot pubblicitari e strategie di marketing, il ruolo di zerbino dei padroni e delle lobby affaristico-massonico-clericali che occultamente muovono i fili della politica parlamentare.
Due partiti-fotocopia di tal fatta non possono che essere destinati a governare insieme: ciò anche nel caso in cui uno dei due dovesse formalmente stare all’opposizione nelle aule parlamentari.
Dunque, per chi vive del proprio lavoro, per quelli a cui il lavoro è negato, per chi è costretto ad elemosinare spezzoni di lavoro con ritmi schiavistici e paghe da fame, si profila all’orizzonte un mostro a più teste: il mostro del padronato unito sotto le insegne del duopolio PdL-PD!
Alla periferia dei due principali azionisti del “mercato elettorale” (come oramai, senza un minimo di pudore, lo definiscono giornali e mass media) vivacchiano cespugli e cespuglietti vari, prima sedotti e poi abbandonati: a destra gli impresentabili fascisti di Storace e della aristocratica Santanchè, al centro la premiata ditta dei nostalgici della DC guidati da Casini, Pezzotta e Tabacci, a “sinistra” (del PD), la melma informe dell’Arcobaleno targato Bertinotti- Pecoraro Scanio- Diliberto- Mussi, ovvero un’accozzaglia di personaggi in cerca d’autore (e di poltrone) tra cui si distinguono i leader dei due partiti (ex)comunisti, che arrivano al punto di dismettere il simbolo della falce e martello pur di candidarsi ancora una volta, nel caso ce ne fosse bisogno, a ruota di scorta di Veltroni e compagnia.
Tra marche e sottomarche, non c’è spazio per alcuna alternativa: tutti i contendenti alle prossime elezioni sono, chi più chi meno, prodotto di un sistema corrotto e marcio quanto la monnezza che, a causa loro, giace da mesi sulle strade della Campania!
Intanto sui luoghi di lavoro si continua a morire al ritmo di cinque operai al giorno, grazie proprio a quelle leggi precarizzanti messe in piedi da centrodestra e centrosinistra; milioni di famiglie non arrivano alla terza settimana poiché ai prezzi saliti alle stelle fanno da contraltare salari sempre più da fame; milioni di giovani subiscono il perenne ricatto di dover scegliere la schiavitù del precariato come unica alternativa alla disoccupazione.
Per i movimenti e per la sinistra di classe tutta, questa farsa avrebbe reso necessaria una presa di posizione chiara e netta agli occhi di tutto il paese.
Ci saremmo aspettati che tutte le forze genuinamente antisistema, partendo dal malcontento montante in settori consistenti di operai, precari e semplici cittadini, facessero un ragionamento semplice: non spetta a noi decidere chi dovrà sfruttarci, ucciderci, intossicarci nei prossimi cinque anni, dunque queste elezioni se le facciano loro!
Purtroppo invece, mentre simili posizioni vengono lasciate in balia del populismo e dei vaffanculo grilliani, da più parti è scattata una folle gara per raccogliere le briciole cadute dalla tavola di Rifondazione e del PdCI.
Così ecco un proliferare di liste e listarelle comuniste, anticapitaliste, di classe, di alternativa, e chi più ne ha più ne metta: qualcuna di queste, come nel caso di Sinistra Critica, addirittura sostenitrice di Prodi fino a qualche settimana fa (per poi improvvisamente convertirsi all’opposizione anticapitalista!): liste tanto ambiziose nei proclami quanto autoreferenziali nei fatti, e destinate inevitabilmente a dar vita a una surreale competizione “in famiglia” all’insegna dello zero virgola qualcosa in più o in meno.
Da proletari, da comunisti, da anticapitalisti conseguenti ci dichiariamo programmaticamente fuori da questi siparietti autolesionisti: non abbiamo altra scelta se non quella di non legittimare questa farsa, quindi non andare a votare o, comunque, annullare la scheda!
E ciò non in nome di un astensionismo “per principio” (sterile ed innocuo quasi quanto l’elettoralismo) bensì in base a un elementare schema di priorità. Avremmo potuto anche noi raccogliere un manipolo di firmette e gettarci nella mischia, non ci vuole poi molto…
Preferiamo invece partire da un compito ben più arduo: lavorare alla ricomposizione delle avanguardie di classe atomizzate e disperse sui territori e nei luoghi di lavoro, riattivarle dopo decenni di delusioni e tradimenti; ricreare quelle forme di collegamento e di organizzazione cancellate dalle nuova organizzazione del lavoro e dei nuovi tempi dettati dal dominio capitalistico;
Preferiamo lavorare a un unico partito, comunista e di classe, e non ad alimentare la già abbondante pletora di improbabili partitini “dalla giusta linea”, ognuno in guerra col vicino;
Preferiamo lavorare, con la classe e nella classe, nelle lotte e nei conflitti, a un vero blocco autonomo di classe inteso come espressione dei settori proletari più combattivi e radicali: non certo a rincorrere i tempi e le modalità della politica borghese.
Attraverseremo questa campagna elettorale, e se necessario la utilizzeremo, per promuovere e diffondere le nostre campagne politiche e sociali contro il carovita, la precarietà, lo sfruttamento, la guerra, la repressione, e diamo sin da ora appuntamento a dopo il 14 aprile all’intera sinistra di classe per avviare una discussione a 360 gradi, scevra da ansie elettoraliste e cretinismi parlamentari, e finalizzata a dar vita a un movimento costituente comunista e di classe adeguato alle sfide e ai compiti del nuovo secolo ma al tempo stesso fermamente ancorato all’idea che il comunismo rappresenti ancor’oggi l’unica reale alternativa alla barbarie del capitalismo, e il partito comunista l’unico strumento utile a conseguire questo obiettivo.
associazione Unità Comunista
martedì 11 marzo 2008
I COMUNISTI TRA EMERGENZA DEMOCRATICA, CONFLITTO SOCIALE E GUERRA PERMANENTE
I COMUNISTI TRA EMERGENZA DEMOCRATICA, CONFLITTO SOCIALE E GUERRA PERMANENTE
ROMA, VENERDI’ 14 MARZO - ORE 17.00
VIA BALDASSARRE ORERO, 61 (CASAL BERTONE)
ASSEMBLEA – DIBATTITO
Intervengono:
Sergio Cararo (Rete dei Comunisti)
Nando Simeone (Sinistra Critica)
Germano Monti (Coordinamento per l’Unità dei Comunisti
Gianluigi Pegolo (Area “L’Ernesto” del PRC)
Gualtiero Alunni (Autoconvocati del PRC)
Coordina: Andrea Fioretti (Coordinamento per l’Unità dei Comunisti)
E' necessario un forte salto in avanti attraverso un programma di lotta incentrato sugli interessi popolari e di classe; vanno riunificate le avanguardie reali della classe, le energie migliori del movimento sindacale e dei movimenti di lotta in un’organizzazione politica comunista che sia veramente un "Partito nuovo" e non l'ennesimo "nuovo partitino".
I lavoratori ed i movimenti popolari hanno bisogno di avere un’organizzazione politica, non decine di organizzazioni! Il nostro è quindi un appello ad avviare, insieme, questo processo. Un processo che abbia, alla sua base, l'Unità delle comuniste e dei comunisti, cioè di quante/i lavorano per l´organizzazione indipendente del proletariato come strumento di trasformazione sociale, per il ribaltamento dei rapporti di forza tra le classi, per l'abolizione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo a qualsiasi titolo, e della schiavitù del lavoro salariato, per la riappropriazione sociale dei beni comuni.
Siamo consapevoli che si tratterà di un processo lungo, tutt´altro che semplice, e che richiederà necesseriamente (per un certo periodo) una fase "costituente". Siamo però convinti che i tempi siano maturi per cominciare questo percorso comune di speranza e di riscossa.
COORDINAMENTO PER L’UNITA’ DEI COMUNISTI
ROMA, VENERDI’ 14 MARZO - ORE 17.00
VIA BALDASSARRE ORERO, 61 (CASAL BERTONE)
ASSEMBLEA – DIBATTITO
Intervengono:
Sergio Cararo (Rete dei Comunisti)
Nando Simeone (Sinistra Critica)
Germano Monti (Coordinamento per l’Unità dei Comunisti
Gianluigi Pegolo (Area “L’Ernesto” del PRC)
Gualtiero Alunni (Autoconvocati del PRC)
Coordina: Andrea Fioretti (Coordinamento per l’Unità dei Comunisti)
E' necessario un forte salto in avanti attraverso un programma di lotta incentrato sugli interessi popolari e di classe; vanno riunificate le avanguardie reali della classe, le energie migliori del movimento sindacale e dei movimenti di lotta in un’organizzazione politica comunista che sia veramente un "Partito nuovo" e non l'ennesimo "nuovo partitino".
I lavoratori ed i movimenti popolari hanno bisogno di avere un’organizzazione politica, non decine di organizzazioni! Il nostro è quindi un appello ad avviare, insieme, questo processo. Un processo che abbia, alla sua base, l'Unità delle comuniste e dei comunisti, cioè di quante/i lavorano per l´organizzazione indipendente del proletariato come strumento di trasformazione sociale, per il ribaltamento dei rapporti di forza tra le classi, per l'abolizione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo a qualsiasi titolo, e della schiavitù del lavoro salariato, per la riappropriazione sociale dei beni comuni.
Siamo consapevoli che si tratterà di un processo lungo, tutt´altro che semplice, e che richiederà necesseriamente (per un certo periodo) una fase "costituente". Siamo però convinti che i tempi siano maturi per cominciare questo percorso comune di speranza e di riscossa.
COORDINAMENTO PER L’UNITA’ DEI COMUNISTI
venerdì 7 marzo 2008
Resoconto della II assemblea nazionale dell’Associazione Marxista Unità Comunista
Al lavoro per l’unità dei comunisti rivoluzionari
Lo scorso 1 marzo si è svolta, presso la coop. Cantieri Navali Megaride a Napoli, la seconda assemblea nazionale di UC.
Un passaggio necessario alla luce della importanza della fase politica e del difficile lavoro di unificazione delle forze comuniste cui la nostra associazione ha dato vita negli ultimi mesi insieme ad altre soggettività comuniste organizzate in diverse regioni d’Italia.
Un lavoro che può già vantare un primo ed importante traguardo: la nascita, nello scorso giugno 2007, del Coordinamento nazionale per l’Unità dei Comunisti (CUC).
In questi mesi abbiamo dato il nostro contributo, modesto quanto prezioso, e per lo più in quadro politico generale tutt’altro che in discesa, all’articolazione di alcune tra le più significative scadenze dell’opposizione sociale al governo di centrosinistra: dalla battaglia contro l’accordo-bidone del 23 luglio stipulato da Governo-Confindustria-Cgil-Cisl-Uil culminata nello sciopero generale del 9 novembre, all’opposizione alle guerre imperialiste, dal No alla base Dal Molin fino ad arrivare alle lotte contro l’emergenza rifiuti in Campania e alla denuncia degli omicidi bianchi e della repressione messa in atto dallo stato e dai padroni contro singoli compagni (vedi il caso di Michele Fabiani) o avanguardie operaie (come nel caso dei lavoratori Fiat a Melfi e Pomigliano d’Arco).
Nei prossimi mesi ci aspetta un compito di gran lunga più arduo: dar vita a un movimento politico che si proponga di costituire una nuova costituente comunista sul piano nazionale: questa per noi è la prima, necessaria tappa verso la ricostruzione di un nuovo Partito Comunista in Italia.
Come associazione Unità Comunista saremo fieri di mettere in piedi, col CUC e con altri (singoli, gruppi, associazioni, organizzazioni) quest’impresa tutt’altro che agevole, ma al tempo stesso di urgente e stringente necessità.
Dunque tutti i nostri sforzi saranno orientati nella direzione della ricomposizione delle forze migliori e più combattive all’interno del variegato panorama della sinistra di classe e comunista: senza questo sforzo, infatti, il nostro tentativo andrebbe ad aggiungersi al già sterminato elenco di micro-partitini comunisti autonominatisi tali per decreto, ma privi della benché minima rappresentatività all’interno della classe.
Ma UC non si scioglie, tuttaltro: continuiamo a mantenere la nostra identità, frutto di una storia quasi decennale, e con la nostra identità, le nostre idee e le nostre proposte contribuiremo alla costruzione della casa comune dei comunisti.
Ciò nella consapevolezza che l’identità rappresenta un valore aggiunto solo se è capace di dialettizzarsi con la complessità della classe e, dunque, di fare i conti con le diversità presenti nelle sue avanguardie; in caso contrario, i richiami identitari finiscono per ridursi ad un’inutile feticcio, uno sterile ed infantile esercizio di purezza “rivoluzionaria”, che lasciamo volentieri ad altri.
L’associazione a tutt’oggi risulta presente, seppur “a macchia di leopardo”, nelle province di Napoli, Vibo Valentia, Salerno, Pisa, Roma, Potenza, Ferrara, Trieste. In diverse altre località vi sono nuclei o gruppi di simpatizzanti.
E’ evidente che una UC più forte e organizzata è garanzia di una maggiore forza e organizzazione del CUC prima, del movimento poi.
D’altra parte, è altrettanto evidente come la fase attuale, caratterizzata da grande confusione e disorientamento in settori larghissimi di militanti comunisti, ivi compresi centinaia di militanti provenienti dalle fila della sinistra istituzionale, rende UC uno strumento insufficiente a soddisfare appieno la domanda di partecipazione e costruzione di iniziativa politica dal basso.
Per questa ragione abbiamo già nei fatti più volte in questi mesi operato una “cessione parziale di sovranità” a favore del CUC, e lo stesso faremo a favore del futuro movimento.
Il soggetto comune è infatti lo strumento prioritario per sviluppare l’iniziativa politica con immediata ricaduta di massa (campagne, assemblee pubbliche di movimento, appuntamenti di piazza, ecc.), lasciando ad UC invece il compito di continuare a sviluppare il versante maggiormente teorico, culturale e programmatico dell’iniziativa comunista: in primis la ripresa del lavoro di formazione seminariale lasciato incompiuto lo scorso anno per cause di forza maggiore.
Nel frattempo, individuiamo alcune priorità tematiche nell’iniziativa locale dei prossimi mesi:
• Presentazione all’esterno del nuovo movimento (Maggio-Giugno)
• Promozione della campagna contro la repressione nei luoghi di lavoro (primavera)
• Prosieguo della campagna a sostegno della scarcerazione di Michele Fabiani (Marzo-Aprile, e comunque da concordare con i compagni di Spoleto)
• Preparazione di una iniziativa sui temi del lavoro, del salario e del carovita (maggio-giugno, eventualmente anche in coincidenza con la presentazione del movimento).
• Organizzazione di seminari interni di carattere teorico-programmatico (in date e luoghi da definire).
Questione elettorale
Le prossime elezioni politiche vedono di fatto in campo due partiti-fotocopia (PD e PdL) e attorno una schiera di satelliti di destra, centro e “sinistra”. Particolarmente nefasto il ruolo giocato dalla sedicente sinistra arcobaleno, la quale, dopo essere stata la più convinta sostenitrice di Prodi, e dopo aver tentato fino allo sfinimento di elemosinare un accordo elettorale con Veltroni, ora tenta l’acrobazia di tornare ad accreditarsi come voce dell’alternativa. In realtà, e al di la dei tentativi bislacchi di Bertinotti di rispolverare una fraseologia “di sinistra”, questi avanzi veltroniani, nel mettere in soffitta anche il simbolo della falce e martello, compiono l’ultimo, estremo e solenne atto di genuflessione nei confronti della borghesia e delle compatibilità di sistema.
Alla sinistra dell’Arcobaleno, stiamo assistendo in queste settimane ad una proliferazione di liste comuniste ed anticapitaliste: PCL, Sinistra Critica, PdAC, CARC, ecc. Ciò riconferma come la strada verso la ricomposizione della sinistra di classe e comunista è ancora lunga e tortuosa: essa potrà avanzare solo attraverso la creazione di fronti unici dal basso, che partano dalle lotte e dalla materialità dello scontro di classe. Si tratta quindi di un impresa estremamente complessa, da costruire mattone dopo mattone.
Da almeno due anni assistiamo invece alla nascita di partiti per decreto, su iniziativa di qualche avanguardia, o peggio ancora partoriti ad hoc in prossimità di qualche scadenza elettorale.
Come associazione Unità Comunista, riteniamo questi tentativi errati, oltre che velleitari.
Alla luce di ciò, l’assemblea si è espressa all’unanimità per la non partecipazione al voto, seppur con sfumature diverse rispetto all’approccio da tenere in sede pubblica.
Mentre i compagni di Napoli evidenziano come nel capoluogo partenopeo vi siano le condizioni per una campagna astensionista di massa, i compagni delle altre città sottolineavano come nei loro territori l’operazione fosse decisamente più ostica.
Si è dunque deciso, ferma restando la comune cornice del non voto, di muoversi “cum grano salis”, ossia accentuando o temperando la campagna astensionista a seconda del contesto in cui ci troviamo ad operare.
Organizzazione
L’assemblea ha confermato il compagno Salvatore Ferraro presidente di UC. Si è inoltre eletto un direttivo di sette compagni con compiti di natura “operativa”:
Luigi Izzo, Peppe D’Alesio, Peppe Raiola (Emilia), Dario Parisi, Antonio Vitale (Lazio-Basilicata),Erwin Dorigo (Toscana), Nicola Iozzo (Calabria).
A norma di statuto, è stata anche nominata una commissione di garanzia, composta da Antonio Pellilli, Peppe Beni e Peppe Iannaccone.
Tesseramento
Il referente per la campagna di tesseramento è il compagno Izzo. L’assemblea ha stabilito di determinare l’importo delle quote-tessera in 20 euro (10 euro per disoccupati e studenti); per quanto concerne le realtà locali, ad esse andrà il 50% del ricavato delle quote-tessera.
L’orientamento dell’assemblea è quello di dar vita ad una campagna di tesseramento operata allo stesso tempo con apertura e discrezione: evitando dunque sia forme di selezione estrema (tipica dei gruppetti m-l), sia pratiche di tesseramento selvaggio ed indiscriminato “in stile-Rifondazione”.
Giornale
Si è stabilito di dar vita, entro la fine di marzo, a un foglio di 4 pagine con i seguenti articoli:
• Elezioni
• Caos rifiuti in Campania
• Questioni lavoro e contratti
• Articolo sulla vicenda di Michele Fabiani
• Varie ed eventuali su proposta delle singole realtà locali
I compagni sono dunque invitatati a far pervenire i loro eventuali contributi entro e non oltre il 28 marzo.
Napoli, 1 marzo 2008
Lo scorso 1 marzo si è svolta, presso la coop. Cantieri Navali Megaride a Napoli, la seconda assemblea nazionale di UC.
Un passaggio necessario alla luce della importanza della fase politica e del difficile lavoro di unificazione delle forze comuniste cui la nostra associazione ha dato vita negli ultimi mesi insieme ad altre soggettività comuniste organizzate in diverse regioni d’Italia.
Un lavoro che può già vantare un primo ed importante traguardo: la nascita, nello scorso giugno 2007, del Coordinamento nazionale per l’Unità dei Comunisti (CUC).
In questi mesi abbiamo dato il nostro contributo, modesto quanto prezioso, e per lo più in quadro politico generale tutt’altro che in discesa, all’articolazione di alcune tra le più significative scadenze dell’opposizione sociale al governo di centrosinistra: dalla battaglia contro l’accordo-bidone del 23 luglio stipulato da Governo-Confindustria-Cgil-Cisl-Uil culminata nello sciopero generale del 9 novembre, all’opposizione alle guerre imperialiste, dal No alla base Dal Molin fino ad arrivare alle lotte contro l’emergenza rifiuti in Campania e alla denuncia degli omicidi bianchi e della repressione messa in atto dallo stato e dai padroni contro singoli compagni (vedi il caso di Michele Fabiani) o avanguardie operaie (come nel caso dei lavoratori Fiat a Melfi e Pomigliano d’Arco).
Nei prossimi mesi ci aspetta un compito di gran lunga più arduo: dar vita a un movimento politico che si proponga di costituire una nuova costituente comunista sul piano nazionale: questa per noi è la prima, necessaria tappa verso la ricostruzione di un nuovo Partito Comunista in Italia.
Come associazione Unità Comunista saremo fieri di mettere in piedi, col CUC e con altri (singoli, gruppi, associazioni, organizzazioni) quest’impresa tutt’altro che agevole, ma al tempo stesso di urgente e stringente necessità.
Dunque tutti i nostri sforzi saranno orientati nella direzione della ricomposizione delle forze migliori e più combattive all’interno del variegato panorama della sinistra di classe e comunista: senza questo sforzo, infatti, il nostro tentativo andrebbe ad aggiungersi al già sterminato elenco di micro-partitini comunisti autonominatisi tali per decreto, ma privi della benché minima rappresentatività all’interno della classe.
Ma UC non si scioglie, tuttaltro: continuiamo a mantenere la nostra identità, frutto di una storia quasi decennale, e con la nostra identità, le nostre idee e le nostre proposte contribuiremo alla costruzione della casa comune dei comunisti.
Ciò nella consapevolezza che l’identità rappresenta un valore aggiunto solo se è capace di dialettizzarsi con la complessità della classe e, dunque, di fare i conti con le diversità presenti nelle sue avanguardie; in caso contrario, i richiami identitari finiscono per ridursi ad un’inutile feticcio, uno sterile ed infantile esercizio di purezza “rivoluzionaria”, che lasciamo volentieri ad altri.
L’associazione a tutt’oggi risulta presente, seppur “a macchia di leopardo”, nelle province di Napoli, Vibo Valentia, Salerno, Pisa, Roma, Potenza, Ferrara, Trieste. In diverse altre località vi sono nuclei o gruppi di simpatizzanti.
E’ evidente che una UC più forte e organizzata è garanzia di una maggiore forza e organizzazione del CUC prima, del movimento poi.
D’altra parte, è altrettanto evidente come la fase attuale, caratterizzata da grande confusione e disorientamento in settori larghissimi di militanti comunisti, ivi compresi centinaia di militanti provenienti dalle fila della sinistra istituzionale, rende UC uno strumento insufficiente a soddisfare appieno la domanda di partecipazione e costruzione di iniziativa politica dal basso.
Per questa ragione abbiamo già nei fatti più volte in questi mesi operato una “cessione parziale di sovranità” a favore del CUC, e lo stesso faremo a favore del futuro movimento.
Il soggetto comune è infatti lo strumento prioritario per sviluppare l’iniziativa politica con immediata ricaduta di massa (campagne, assemblee pubbliche di movimento, appuntamenti di piazza, ecc.), lasciando ad UC invece il compito di continuare a sviluppare il versante maggiormente teorico, culturale e programmatico dell’iniziativa comunista: in primis la ripresa del lavoro di formazione seminariale lasciato incompiuto lo scorso anno per cause di forza maggiore.
Nel frattempo, individuiamo alcune priorità tematiche nell’iniziativa locale dei prossimi mesi:
• Presentazione all’esterno del nuovo movimento (Maggio-Giugno)
• Promozione della campagna contro la repressione nei luoghi di lavoro (primavera)
• Prosieguo della campagna a sostegno della scarcerazione di Michele Fabiani (Marzo-Aprile, e comunque da concordare con i compagni di Spoleto)
• Preparazione di una iniziativa sui temi del lavoro, del salario e del carovita (maggio-giugno, eventualmente anche in coincidenza con la presentazione del movimento).
• Organizzazione di seminari interni di carattere teorico-programmatico (in date e luoghi da definire).
Questione elettorale
Le prossime elezioni politiche vedono di fatto in campo due partiti-fotocopia (PD e PdL) e attorno una schiera di satelliti di destra, centro e “sinistra”. Particolarmente nefasto il ruolo giocato dalla sedicente sinistra arcobaleno, la quale, dopo essere stata la più convinta sostenitrice di Prodi, e dopo aver tentato fino allo sfinimento di elemosinare un accordo elettorale con Veltroni, ora tenta l’acrobazia di tornare ad accreditarsi come voce dell’alternativa. In realtà, e al di la dei tentativi bislacchi di Bertinotti di rispolverare una fraseologia “di sinistra”, questi avanzi veltroniani, nel mettere in soffitta anche il simbolo della falce e martello, compiono l’ultimo, estremo e solenne atto di genuflessione nei confronti della borghesia e delle compatibilità di sistema.
Alla sinistra dell’Arcobaleno, stiamo assistendo in queste settimane ad una proliferazione di liste comuniste ed anticapitaliste: PCL, Sinistra Critica, PdAC, CARC, ecc. Ciò riconferma come la strada verso la ricomposizione della sinistra di classe e comunista è ancora lunga e tortuosa: essa potrà avanzare solo attraverso la creazione di fronti unici dal basso, che partano dalle lotte e dalla materialità dello scontro di classe. Si tratta quindi di un impresa estremamente complessa, da costruire mattone dopo mattone.
Da almeno due anni assistiamo invece alla nascita di partiti per decreto, su iniziativa di qualche avanguardia, o peggio ancora partoriti ad hoc in prossimità di qualche scadenza elettorale.
Come associazione Unità Comunista, riteniamo questi tentativi errati, oltre che velleitari.
Alla luce di ciò, l’assemblea si è espressa all’unanimità per la non partecipazione al voto, seppur con sfumature diverse rispetto all’approccio da tenere in sede pubblica.
Mentre i compagni di Napoli evidenziano come nel capoluogo partenopeo vi siano le condizioni per una campagna astensionista di massa, i compagni delle altre città sottolineavano come nei loro territori l’operazione fosse decisamente più ostica.
Si è dunque deciso, ferma restando la comune cornice del non voto, di muoversi “cum grano salis”, ossia accentuando o temperando la campagna astensionista a seconda del contesto in cui ci troviamo ad operare.
Organizzazione
L’assemblea ha confermato il compagno Salvatore Ferraro presidente di UC. Si è inoltre eletto un direttivo di sette compagni con compiti di natura “operativa”:
Luigi Izzo, Peppe D’Alesio, Peppe Raiola (Emilia), Dario Parisi, Antonio Vitale (Lazio-Basilicata),Erwin Dorigo (Toscana), Nicola Iozzo (Calabria).
A norma di statuto, è stata anche nominata una commissione di garanzia, composta da Antonio Pellilli, Peppe Beni e Peppe Iannaccone.
Tesseramento
Il referente per la campagna di tesseramento è il compagno Izzo. L’assemblea ha stabilito di determinare l’importo delle quote-tessera in 20 euro (10 euro per disoccupati e studenti); per quanto concerne le realtà locali, ad esse andrà il 50% del ricavato delle quote-tessera.
L’orientamento dell’assemblea è quello di dar vita ad una campagna di tesseramento operata allo stesso tempo con apertura e discrezione: evitando dunque sia forme di selezione estrema (tipica dei gruppetti m-l), sia pratiche di tesseramento selvaggio ed indiscriminato “in stile-Rifondazione”.
Giornale
Si è stabilito di dar vita, entro la fine di marzo, a un foglio di 4 pagine con i seguenti articoli:
• Elezioni
• Caos rifiuti in Campania
• Questioni lavoro e contratti
• Articolo sulla vicenda di Michele Fabiani
• Varie ed eventuali su proposta delle singole realtà locali
I compagni sono dunque invitatati a far pervenire i loro eventuali contributi entro e non oltre il 28 marzo.
Napoli, 1 marzo 2008
mercoledì 5 marzo 2008
un pollaio a pochi metri dall'ospedale di Vibo Valentia
ecco cosa c'è a pochi metri dall'ospedale di Vibo Valentia.....un bel "pollaio"!!!
facciamo i complimenti a tutti quelli che invece di operare per il bene e la salute dei cittadini pensano tranquillamente alle loro poltrone, sperando di trovarne sempre di più grosse....e a noi povero popolo vengono lasciate solo le vergogne come questa!
che se ne vadano tutti!
facciamo i complimenti a tutti quelli che invece di operare per il bene e la salute dei cittadini pensano tranquillamente alle loro poltrone, sperando di trovarne sempre di più grosse....e a noi povero popolo vengono lasciate solo le vergogne come questa!
che se ne vadano tutti!
domenica 2 marzo 2008
Appello per una Manifestazione nazionale contro la mafia a 30 anni dall'assassinio di Peppino Impastato
Sono passati ormai trent'anni dall'assassinio politico-mafioso di Peppino Impastato e 29 dalla manifestazione nazionale contro la mafia che abbiamo organizzato a Cinisi in occasione del primo anniversario della sua morte. Non possiamo dire che da allora nulla sia cambiato; abbiamo raggiunto obiettivi importanti con il nostro impegno e con la lotta quotidiana che abbiamo condotto io, mia madre, i compagni di Peppino, Umberto Santino e Anna Puglisi fondatori del Centro siciliano di documentazione di Palermo, successivamente dedicato a Peppino, seguiti da una parte della sinistra e dei movimenti legati alla nostra storia e alla nostra lotta. Abbiamo affrontato un lungo percorso di fatica e di sofferenza che ci ha portato anche a sperimentare l'amarezza e la rabbia quando abbiamo toccato con mano le collusioni tra la politica, le istituzioni e la mafia. Il lavoro di memoria e le attività portati avanti in questi anni sono stati difficili, ma non certo inutili: hanno contribuito a sviluppare una coscienza antimafiosa nelle nuove generazioni che hanno recepito positivamente il nostro messaggio. Il pensiero, le idee di Peppino e la sua esperienza di militante comunista che guardava tutte le sfaccettature della realtà lo conducevano a partire dal basso, riprendendo la linea delle lotte contadine, anticipando i tempi e accelerando un processo di crescita e di presa di coscienza rispetto al pericolo costituito dalla mafia, fino ad allora volutamente sottovalutato: la sua era una vera e propria lotta di classe contro un sistema criminale basato sullo sfruttamento e sulla sopraffazione. Non è stato facile per lui, così come non è stato facile per noi: abbiamo raccolto la sua eredità e siamo andati avanti, cercando di continuare giorno dopo giorno per costruire un progetto di antimafia sociale che partisse dall'esperienza di Peppino, dalle sue lotte nel territorio contro la speculazione edilizia, contro la disoccupazione, a fianco dei contadini di Punta Raisi che venivano affamati dall'esproprio delle proprie terre. Peppino era in prima fila a Palermo nelle lotte studentesche del 1968 e nei movimenti del 1977, sempre alla ricerca di metodi innovativi, sfruttando al meglio con la sua fantasia e la sua passione i poveri mezzi di comunicazione che aveva a disposizione. Facendo tesoro delle sue scelte e del suo percorso nel 1979 abbiamo sfilato per le troppo silenziose strade di Cinisi nella prima manifestazione nazionale contro la mafia, organizzata da Radio Aut, dal Centro di documentazione di Palermo, assieme ai compagni di Democrazia Proletaria e a quella parte di movimento che era rimasta profondamente colpita dall'uccisione di Peppino. Eravamo in duemila: persone che venivano da ogni parte d'Italia, con un misto di rabbia, dolore, determinazione ed entusiasmo per i nuovi contenuti che portavamo in piazza. La mafia non era più un fenomeno locale, circoscritto alla Sicilia, ma un fenomeno che aveva invaso pericolosamente tutto il territorio nazionale, coniugandosi con ogni forma di speculazione, di corruzione, di collusione con le istituzioni e con il potere politico ed economico, accumulando grandi masse di capitale con il traffico di droga che provocava migliaia di morti per overdose. Siamo stati poi catapultati in una situazione pesante; ci siamo scontrati con una realtà drammatica: la mafia aveva alzato il tiro uccidendo chiunque tentasse di ostacolare il suo processo di espansione. Giudici, poliziotti, politici, militanti della sinistra, giornalisti, tutti ammazzati uno dopo l'altro in una mattanza che è durata molti anni, troppi, ed è culminata con la strategia dello stragismo. Abbiamo vissuto tutto questo sulla nostra pelle mentre eravamo impegnati nella ricerca della verità e non solo riguardo l'omicidio di Peppino, denunciando e mettendo in evidenza gli ostacoli più turpi, quelli più dilanianti, quelli causati dalla collusione mafiosa con una parte delle istituzioni. Le vicende giudiziarie riguardo il "caso Impastato" lo dimostrano: forze dell'ordine, magistrati, politici hanno tentato in tutti i modi di non farci arrivare alla giustizia, orchestrando un depistaggio vergognoso e tacciando Peppino di essere un terrorista-suicida. Non ci sono riusciti. Parlare di legalità oggi significa anche riportare alla luce la versione veritiera di quanto è accaduto a Peppino e più in generale dal dopoguerra in poi, da quei grandi movimenti di liberazione che furono la Resistenza antifascista e il Movimento contadino. Le stragi di stato e le trame nere hanno insanguinato il nostro paese: Portella della Ginestra, le bombe nelle camere del lavoro, l'eliminazione di circa 40 sindacalisti e militanti della sinistra, il piano Solo, Piazza Fontana, il golpe Borghese, Piazzale della Loggia, l'Italicus, il sequestro Moro, il ruolo di Gladio, la stazione di Bologna, il Rapido 904 ed altri eventi sono tappe fondamentali nel nostro vissuto, nel vissuto di un paese costretto con la violenza a rispettare gli equilibri e gli accordi internazionali e bloccato nel suo processo di rinnovamento. La repressione del sistema è scattata costantemente e in maniera scientifica ogni qualvolta si è cercato di apportare dei cambiamenti nel sistema sociale e ogni qualvolta il regime democristiano è stato messo in crisi. L'intolleranza rispetto ad una vittoria delle sinistre alle elezioni e alla loro avanzata ha scatenato la violenza del potere reazionario e dei gruppi fascisti contro ogni tutela democratica. Non parliamo di vicende remote e lontane nel tempo: ancora oggi pesano le impunità delle azioni criminali fasciste dovute alle coperture e complicità istituzionali, ed è per questo che è necessario insegnare l'antifascismo nelle scuole come uno dei pilastri fondamentali della nostra Costituzione. Negli ultimi anni la violenza di Stato ha attaccato i movimenti di lotta sociale, come è accaduto a Napoli e a Genova in occasione del G8, riapplicando lo stesso schema e le stesse strategie repressive che hanno coinvolto istituzioni, gruppi dell'estrema destra, servizi segreti e mafia. Ecco perché bisogna gettare luce anche su alcuni lati oscuri dell'omicidio di Peppino: dai processi è venuta fuori solo una verità parziale, anche se fondamentale, una grande vittoria, ma non le motivazioni che hanno condotto al depistaggio. La Relazione della Commissione parlamentare antimafia sul "caso Impastato" ha ricostruito le dinamiche e le responsabilità del depistaggio, ma i responsabili sono rimasti impuniti. Oggi, a distanza di tanti anni da quei fatti, viviamo una realtà che non si è affatto riassestata. Il sistema mafioso prolifera e i conflitti sociali non si sono mai assopiti: per far fronte alle degenerazioni della società, da cui scaturiscono le fortune politiche di personaggi come Berlusconi e di tanti altri, i movimenti continuano a mettere in pratica l'impegno dal basso ricoprendo un ruolo centrale nel mantenere viva l'autodeterminazione dei cittadini. è arrivato, però, il momento che acquisiscano una maggiore consapevolezza sulla centralità dell'impegno nella lotta alla mafia. Bisogna rendesi conto che dopo il crollo del cosiddetto "socialismo reale" viviamo in una sistema di globalizzazione capitalistica, poco importa se la definizione più giusta sia imperialista o imperiale, che ricicla anche le forme più primitive di schiavitù, rilancia la guerra come forma di imposizione del dominio, rinfocola fanatismi e terrorismi, impone la dittatura del mercato e vuole cancellare le conquiste del movimento operaio, approfondisce squilibri territoriali e divari sociali, emarginando la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, esalta la finanziarizzazione speculativa. In questo quadro le mafie si moltiplicano, con fatturati del cosiddetto "crimine transnazionale" che raggiungono più di mille miliardi di dollari, e con la formazione di veri e propri Stati-mafia. Le analisi condotte in questi anni dal Centro Impastato di Palermo, da La borghesia mafiosa a Mafie e globalizzazione, si sono dimostrate le più aderenti alla realtà. I movimenti noglobal degli ultimi anni rappresentano una forma di resistenza al neoliberismo e al pensiero unico ma non hanno sviluppato un'analisi adeguata del ruolo delle mafie nel contesto attuale. Nel nostro Paese le mobilitazioni di questi ultimi mesi che hanno visto centinaia di migliaia di persone scendere in piazza per chiedere di rispettare il programma di governo, per pretendere giustizia e verità sui fatti di Genova, per difendere i diritti delle donne hanno mostrato che è presente nei cittadini la volontà di cambiare lo stato di cose. In questa prospettiva di mutamento la lotta alla mafia è uno dei terreni decisivi della lotta per il soddisfacimento dei bisogni e per la democrazia. Ecco perché è importante che tutte le realtà impegnate nella lotta dal basso (No GLOBAL, No TAV, No PONTE, No TRIV, No al DAL MOLIN, e gli altri) garantiscano la loro presenza a Cinisi il 9 maggio 2008 in occasione del trentennale dell'omicidio di Peppino, per iniziare un nuovo percorso, per costruire e dare la spinta ad un movimento di lotta alla mafia che segua un programma rivoluzionario, non astratto e sloganistico, ma concreto e praticabile, e che si ponga l'obiettivo di battere definitivamente il fenomeno mafioso. Non possiamo continuare ad aspettare, abbiamo perso troppo tempo. Se non riusciamo a costruire un progetto e a trasmettere un messaggio di fiducia e di speranza alle nuove generazioni, bombardate da una strategia della diseducazione che indica come esempi da seguire personaggi di successo cinici e sfrontati, politici e rappresentanti delle istituzioni spesso sotto processo o condannati per mafia, come Dell'Utri e Cuffaro, difficilmente riusciremo a far crescere in loro una coscienza democratica e antimafiosa. E non possiamo rimanere inerti al cospetto dei più di 1300 morti l'anno sul lavoro, un'autentica vergogna nazionale, delle migliaia di morti per l'amianto, delle vittime della malasanità, delle vittime dei soprusi e delle violenze nei paesi emarginati. Non possiamo rimanere inerti rispetto alle devastazioni dell'ambiente e della natura che stanno letteralmente distruggendo il nostro pianeta. Non si può sorvolare sulla necessità della laicità dello Stato come forma di garanzia per l'uguaglianza sociale e giuridica di tutti, al bando delle differenze sessuali, etniche e religiose. Facciamo appello a tutte le associazioni che lottano per una legalità non retorica e formale, sparse sul territorio nazionale, affinché ci diano il loro contributo di idee e di azioni per lo svolgimento della manifestazione del prossimo 9 maggio. Qualcosa comincia a muoversi: i movimenti anti-pizzo hanno ottenuto i primi risultati, promuovendo il consumo critico e l'associazionismo, i senzacasa di Palermo chiedono e ottengono le case confiscate ai mafiosi, le scuole si impegnano in prima linea, una parte del mondo religioso ha mostrato di volersi impegnare. Facciamo appello all'informazione democratica e ai mezzi di comunicazione liberi affinché ci sostengano e sviluppino una conoscenza reale delle mafie e dell'antimafia, mentre troppo spesso assistiamo a trasmissioni e servizi che danno un'immagine suggestiva di feroci criminali e riducono l'antimafia alle iniziative più spettacolari. Chiediamo il loro contributo agli artisti che si dichiareranno disponibili affinché con la musica, il cinema, il teatro e lo sport si cominci un'opera di sensibilizzazione e di educazione adeguate. è importante che anche i Comuni che hanno intitolato una strada a Peppino partecipino al trentennale, così come gli iscritti alle sedi dei partiti della sinistra a lui dedicate. Facciamo appello alle scuole, agli insegnanti e agli studenti, affinché siano al nostro fianco in questo difficile percorso. Facciamo appello alle donne, ancora imbrigliate dai comportamenti maschilisti della nostra società, affinché partecipino numerose per rinnovare la rottura di mia madre Felicia rispetto all'immobilismo culturale, bigotto e reazionario, e per ripercorrere i passi delle tante donne, madri, figlie, sorelle, che hanno fatto dell'impegno antimafia la loro ragione di vita. Anche i sindacati devono assumersi le proprie responsabilità, mettendo al centro i problemi del lavoro nero, precario, ultraflessibile, riprendendo le battaglie che furono di Peppino e dei suoi compagni. E chiediamo alle forze politiche che si dicono democratiche di operare un taglio netto con mafie e corruzione. Si parla tanto di criminalità, di riciclaggio, di lavoro nero, di immigrazione clandestina, di sfruttamento minorile, di violenza sulle donne, di violenza razziale e di altre problematiche che non ci danno respiro: troppe volte ci si ferma alle parole o si adottano strategie più deleterie degli stessi problemi che dovrebbero risolvere, come i cosiddetti "provvedimenti per la sicurezza dei cittadini" che finiscono per annullare diritti umani fondamentali.. Esistono percorsi ben più sostenibili e compatibili con il benessere e il rispetto di tutti, che vengono però esclusi perché non fanno gli interessi dei soliti noti. Aspettiamo ancora il perfezionamento della legge sulla confisca dei beni mafiosi, la legge 109 del '96, proposta da Libera di Don Ciotti con una petizione popolare che ha raccolto un milione di firme sull'onda emotiva delle stragi di Capaci e via D'Amelio. L'intento era di avviare un nuovo percorso di sviluppo economico antimafioso, ma si è arenato negli scogli della burocrazia, del lasciar correre e degli interessi mafiosi. Il 9 maggio a Cinisi, nell'ambito delle iniziative del Forum antimafia "Peppino e Felicia Impastato", sarà un'occasione per riflettere su tutte queste tematiche, per far sentire la propria voce, per ribellarsi: siamo convinti che costruire un mondo senza mafia è possibile. Non solo, è necessario: un mondo senza questa "montagna di merda" che ci travolge. Il luogo scelto per la nuova Manifestazione Nazionale Contro la Mafia è Cinisi, non solo perché è lì che Peppino è nato ed ha svolto le sue attività, ma anche perché è da sempre una roccaforte dell'organizzazione mafiosa; lo fu ai tempi di Cesare Manzella prima e di Tano Badalamenti poi. Ma tuttora il nostro paese è un pilastro del controllo mafioso: i clan locali sono rappresentati nella "commissione regionale" ed hanno un rapporto diretto con i capimafia; così è stato con Provenzano e con Lo Piccolo fino a poco fa. è ora di attivarsi: dal 9 maggio in poi vogliamo cominciare a respirare aria pura, intrisa di libertà; vogliamo iniziare a vivere la gioia della bellezza. Peppino, con il suo sacrificio, ci ha dato tanto. Non basta ricordarlo. Bisogna raccogliere quanto ci ha lasciato e continuare; dare nuova vita al suo pensiero e alla sua azione di uomo libero, ma soprattutto di siciliano libero.
Giovanni Impastato
Giovanni Impastato
Iscriviti a:
Post (Atom)